Marocco n.1 – Chefchaouen, la perla blu e Fes, la città imperiale

Sbarcati a Ceuta, l’entrata in Marocco è più lunga del previsto, due ore di controlli accurati prima di entrare nel paese che profuma di mandorle e zucchero e menta. Il Marocco è gatti che si crogiolano al sole, datteri succosi, olive profumate, mandarini e spezie, il richiamo del muezzin, il profumo del pane croccante appena sfornato, il garrito dei gabbiani dal mare, gli zoccoli degli asini in montagna o in mezzo ai vicoli delle medine, il richiamo dei venditori in tutte le lingue, i bambini che corrono e indicano ai turisti in un francese-anglofono: “ pour la square par la”, e sorridono nella speranza di avere una moneta. Ma il Marocco è soprattutto colori, tutte le tonalità del mondo le trovate qui.

 Chefchaouen

 

C’era una volta una città blu. Le strade di ciottoli erano blu come il mare, blu come il cielo. Sembrava di nuotare in un mare esotico, sembrava di camminare sulle nuvole. I vicoli , le porte, le finestre: le 50 sfumature di blu, azzurro, acquamarina, indaco, celeste. In questo scrigno prezioso, tutti aspettavano di vedere uscire da uno stretto vicolo turchese la piccola carrozza dorata con grandi porte blu oltremare da dove sarebbe scesa la principessa, tutta vestita di blu reale.

Sembra l’inizio di una fiaba ed in parte lo è ma solo in parte perché questa città esiste davvero. Basta lasciare la costa orientale del Marocco e prendere la strada verso il centro….a poco più di cento chilometri, da una vallata verdissima, mentre vi inerpicate su una collina si intravedono macchie di blu profondo, come se il cielo avesse messo le sue dita sulla terra. Chefchaouen è compatta, uno scrigno prezioso da aprire lentamente. Topazi, acquamarine, lapislazzuli, zaffiri, tormaline, zirconi, spinelli, tanzanite, apatite…… i vostri occhi saranno immersi in questi colori che vi avvolgeranno in tutta la città.

Chefchaouen è nascosta nelle montagne del Rif, nel parco nazionale del Talassemane, una strana città berbera-andalusa-marocchina, una perla blu, un set cinematografico di un film della Disney. Si, perché Chefchaouen è molto fotogenica. Una piccola città o un grande villaggio, con un dedalo di strade dove perdersi tra artigiani del tessile, con i tappeti colorati appesi nei vicoli, le teiere di ottone aggrappate alle pareti, le borse di rafia come vestiti stesi ad asciugare, gli abiti ricamati, le djellaba (indumento indossato dagli uomini), le ceramiche coloratissime.

Al mattino presto la città mostra il suo abito migliore: prima che i bottegai aprano, le vie da fiaba sono un teatro di burattinai: i gatti si stiracchiano sotto il primo sole e qualche locale esce da casa chiudendo alle sue spalle un portone colorato con una enorme chiave di pesante metallo, la chiave del paradiso del nostro immaginario. L’atmosfera ovattata e silenziosa vi riporta nella favola. Non si sa da dove derivi il blu della città : forse perché è il colore del cielo e quindi fa ricordare ogni momento Dio, oppure solo perché il blu tiene lontane le zanzare! A Chefchaouen non è necessario seminare le molliche di pane, come Pollicino, per ritrovare la strada, ovunque siate, nella Medina incantata, tutto vi riporterà a piazza Outa-el-Hammam, dove potrete gustare un ottimo thé alla menta in uno dei tavolini dei vari bar, con la moschea Tarik-Ben-Ziad in bella vista. E la Qasba, la fortezza con torri merlate ed un giardino delizioso. E se volete una vista dall’alto, basta salire all’ultimo piano del ristorante Aladin, splendido punto panoramico, con la città intorno. Ripresa la passeggiata degli scorci pittoreschi fermatevi a guardare i venditori di tinte con i loro sacchi pitturati, o i negozi di oli (famoso quello di argan) e saponi.

E pensare che fino a circa quarant’anni fa la città, considerata sacra per i mussulmani, vietava l’accesso agli stranieri .

Ma continuate a bighellonare: se ad un certo punto, voltato un vicolo vi sembrerà di vedere la scala che scende al mare di un qualsiasi isolotto greco, strabuzzate gli occhi e rendetevi conto che siete in una città del Marocco, ben lontani dalla costa.

La scoperta della città delle fiabe non può finire senza un giro gastronomico: tajine, stufati di carne di capra e pecora, kofte (polpette alla grigia con spezie profumate), ed il profumo di olive nell’aria. Il tutto innaffiato da abbondante thé alla menta. Un venditore speciale ci ha consigliato il ristorante Bab Sour, un piccolo locale con camerieri gentilissimi e le donne in cucina. Frequentato molto da magrebini. Ottimo tajine di capra e prugne ed una fantastica tangiya, uno stufato di carne morbidissimo con una salsa speziata dove è impossibile non intingere pezzi di pane croccante e profumato. E’ ora di tornare, incamminatevi verso la vallata, ma attenti a non voltarvi indietro perché, come ogni favola che si rispetti, rischiate di essere ipnotizzati e risucchiati nel blu delle mille e una notte.

Dopo l’abbraccio colorato alla città blu……si parte direzione Fes

La strada corre lenta ma piacevole tra vallate verdi e colture e uliveti e aranceti e zone più aride, quasi desertiche.

Gli asini vanno avanti e indietro con il loro carico, e le pecore pascolano intorno alla strada, anche in città. In un distributore di benzina si affianca una vecchia Mercedes: scendono 8 donne più il guidatore, stipate come sardine tra borse cariche che tappano i buchi: è il rientro dal mercato. Lungo la strada, bancarelle ciondolanti espongono zucche appese come stalattiti, cocomeri e grossi meloni gialli rotolano sui cigli della strada. E qualche trattore scorrazza. 

Fes

230 chilometri a sud del cielo, la città blu di Chefchaouen, in una fertile valle, la frenesia del chaos annuncia che siamo a Fes, città imperiale, fondata da un discendente del profeta Maometto nel 798 d.c.,  la più grande città medioevale islamica del mondo. Piena di storia, invasioni, domini, un susseguirsi di culture e grandi perdite (un terribile terremoto nel 1522 la rase al suolo), fino al 1912 quando, divenuta protettorato francese, il governatore riconobbe l’immenso valore artistico, storico e culturale. Dal 1956 il Marocco è diventato indipendente. Fes, grande Città imperiale, oggi  è famosa per la produzione ed il commercio tessile. Le concerie Chouara, a cielo aperto sono uno dei luoghi più visitati della Medina. All’interno del dedalo di vicoli, strette scale portano in alto, al quarto piano e oltre, su balconate,  da dove si può vedere la produzione.

 

Le vasche ricolme di liquidi  colorati sono pronte per ricevere le pelli. Il metodo di lavorazione è lo stesso da mille anni. Le vasche hanno una struttura a nido d’ape. Gli uomini si immergono anche fino alla vita per effettuare il lavaggio e la tintura. Tutto è fatto a mano.  La prima operazione è immergere le pelli nelle vasche con acqua mischiata a sale, calce, urina di mucca (vasche color chiaro). Questo serve ad ammorbidirle e permettere di togliere facilmente i resti di peli. Dopo alcuni giorni di ammollo, le pelli vengono grattate, poi passate ancora una volta nelle vasche che contengono acqua e sterco di piccione, che, contenendo ammoniaca, ammorbidisce ulteriormente le pelli e facilità l’entrata del colore. Per rendere il prodotto morbido il conciatore pesterà la pelle fino ad un paio d’ore. E finalmente si passa alla tintura, tutta naturale. Il blu è ricavato dall’indaco (un colorante di origine vegetale), il rosso dai fiori del papavero, il giallo dallo zafferano ed il verde dalla menta. Ed infine l’olio d’oliva serve a lucidarle. Gli artigiani acquisteranno la pelle e la trasformeranno nei meravigliosi prodotti, dalle babouches ai portafogli, alle borse, ai giubbotti. Nella conceria  l’odore è forte ed acre anche sulle terrazze: per questo vengono offerti ramoscelli di menta da odorare. L’accesso alle balconate passa dai retro bottega dei negozi di pellame, di ottima qualità. I conciatori sono ancora organizzati in specie di corporazioni: il lavoro spesso si trasmette di padre in figlio. 

La Medina ha varie entrate: la porta Bab Boujeloud, splendida nel suo blu intenso, porta alla Madresa Bou Inania, edificio di culto aperto anche alle persone non di fede mussulmana. 

La vita all’interno della Medina è un labirinto da assaporare senza farsi prendere dallo stress perché non si trova la via d’uscita. Immaginate di vivere nel tempo delle Notti Arabe. Molte persone non sono mai uscite dalle mura di questa città in tutta la loro vita, un piccolo mondo, diviso in zone: gli arrotini, i conciatori, i pescivendoli, i fruttivendoli, i fabbri, i panettieri, gli intagliatori del legno, i ramai, i sarti, i barbieri, i macellai. 

Non distraetevi troppo nella Medina, perché sentirete spesso dietro di voi rumore di zoccoli e dovrete correre per cercare un angolo dove fermarvi e lasciar passare il re della Medina, l’asino, con il suo carico ed il padrone che camminano lesti verso l’uscita in una normale giornata lavorativa. Lo charme della Medina è proprio questo: non sai quale scoperta si nasconde dietro l’angolo. 

La Moschea Kairaouine, che può ospitare fino a 20000 persone, fu costruita dai rifugiati tunisini nell’859 e ricostruita nel dodicesimo secolo. Fes ospita anche l’università più antica del mondo. Un viaggio da mille e una notte tra finzione e realtà che si mescolano, tra la calma dei turisti che passano ore davanti ad una cartina per cercare l’uscita dal labirinto, ed i locali, frenetici nel loro lavoro quotidiano. E poi il ragazzo che si avvicina e sorridendo ti dice: seguimi, so dove vuoi andare ed io ti ci porto. 

 

 

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