Vietnam

Gooooooood Moooorning Vietnam!

Un alveare in fibrillazione, immense colonie di formiche che tracciano solchi in tutte le direzioni, banchi di pinguini che scorrazzano, stormi di rondini che trasmigrano, sciami di locuste che svolazzano, migliaia di sardine che spingono per farsi spazio, file di oche che starnazzano: tutto questo è il Vietnam. Basta sostituire, con la più vivida immaginazione,  tutte le dolci bestiole, con motorini, scooter, vespe, tuk-tuk, biciclette, carrettini, auto….ed eccolo, il folle mondo che non si ferma mai. Camminare per le strade di Ho Chi Minh è come giocare a Pac-Man: chi si ricorda la meravigliosa creatura sferica di colore giallo che doveva mangiare tutti i numerosi puntini sparsi all’interno del labirinto e, nel far questo, doveva evitare di farsi toccare da quattro fantasmi, per non perdere una delle vite a disposizione? Ed i fantasmi che per pochi secondi invertono la loro marcia e scappano per non farsi mangiare. Il Vietnam è così, le persone con i loro mezzi sono i puntini sparsi nel dedalo di viuzze e corrono, cambiano direzione, senza fermarsi mai, sfondano il traffico come veri incursori, senza degnarsi di alzare lo sguardo verso un semaforo rosso di rabbia, dei veri kamikaze cittadini. Eppure, in questo inferno dantesco, credetemi, non ho mai visto un incidente, o un’auto acciaccata, tutto si sposta come un’incredibile caos ordinato, un quadro astratto ma istintivamente bello nella sua follia creativa incomprensibile. Solo le orecchie soffrono, sotto i clacson continui, isterici, dalle mille tonalità, dall’alto al flebile ma persistente, dal basso al baritonale, dal tenore all’urlo di tarzan, dalla sirena dei pompieri al graffiante ruggito del leone, dal belare di una pecora impaurita al famoso urlo dell’esorcista.

 


La nostra entrata in Vietnam inizia dal battello che parte dalla Cambogia, da Phnom Penh alle 13:00 e corre fluido sulle rive del Mekong.

Il paesaggio scorre tra il grigiore del cielo che si specchia nell’acqua della stessa tonalità e qualche silente pescatore.

 In circa 3 ore e mezza si arriva al confine, il battello accosta e si scende in un gabbiotto sulla riva scoscesa

Solo all’uscita dalla Cambogia vengono prese le impronte digitali (come all’andata). L’entrata in Vietnam è più facile, nessun visto richiesto agli italiani che entrano in paese per meno di 15 giorni. Un’altra ora abbondante di viaggio per arrivare a Chau Doc, che si presenta come un’anonima città « di frontiera », senza personalità, anche un po’ deludente al primo impatto.

Al mattino all’alba si parte per il mercato galleggiante.

 

Memore dei vari mercati visti in Thailandia non avevo grandi aspettative ed eccola, invece, la grande sorpresa. Ci troviamo, soli turisti, in mezzo a barconi con gente locale: chi vende e chi va a fare la spesa. 

La popolazione vive in stretto contatto con il Re Mekong, che è il luogo di scambi commerciali.

Huynh Phi San, la nostra guida,  è una signora vietnamita dal sorriso ammaliante. Un frullato di simpatia ed effervescenza con cui si crea un’empatia immediata. Ha viaggiato e vissuto oltre oceano ed è tornata nel suo paese a lavorare con i turisti, riuscendo a trasmettere al visitatore curioso tutta la linfa vitale del suo popolo. Se andate in questa parte del Vietnam vi consiglio di trascorrere una giornata con lei, e nutrirvi dei suoi racconti e della sua energia vibrante. 

« Il mattino ha l’oro in bocca », nessun  proverbio è  più azzeccato! 
Ed ecco il mercato che si anima 

Le case galleggianti ed i  barconi colorati, che hanno una lunga asta con appeso il prodotto in vendita, dalle banane, alle patate, agli ananas, ai frutti più disparati : gli acquirenti si avvicinano e parte la trattativa, mentre sottili canoe o gozzi in legno guidati da provette vietnamite si intrufolano, allungando profumate colazioni di brodo e spaghetti di riso e verdure, o fumanti caffè conditi con dolcissimo latte condensato. L’aria è intrisa di profumi che annunciano una lunga giornata uguale ma mai monotona.

Un incredibile spaccato di vita locale, tra le onde impercettibili di quel mitico Mekong che trasporta il suo fardello pieno di storia.

La vita sul fiume scorre lenta e frenetica al tempo stesso, tra tessitori, cuochi,  piscicoltori, e qualche  cane che scodinzola la sua orgogliosa appartenenza.


 

Ultimo giro in città,

La strada che da Chau DOC porta a Ho Chi Minh è  lenta per il folle traffico. Abbiamo optato per il famoso Sleeper Bus, uno splendido autobus con poltrone imbottite che si allungano fino a diventare un letto. Anche se è giorno le sei ore di viaggio (poco più di 250 chilometri) comodamente distesa, passano piacevolmente: ho adorato questo viaggio, a parte il clacson dell’autista, simile ad una sirena di un’ambulanza che cerca di terrorizzare i passanti.


Il Vietnam è così, una battaglia a chi emette il suono più forte, la legge del cattivo che deve farsi strada, e, se non ti adegui, puoi passare la giornata lì, senza che nessuno ti degni almeno
 di uno sguardo di compassione.    

Ma il vero orrore è quando si arriva in periferia di Ho Chi Minh dove la lotta per la sopravvivenza è in corso, a tutte le ore della giornata. Chi trova sature le tre corsie del suo senso di marcia, parte in contromano ed inizia lo slalom speciale, con uomini e donne al posto dei paletti.

 


A Ho Chi Minh, come in tutto il Vietnam, l’offerta di cibo è incredibile e i mercati si moltiplicano. In città pare ci siano 400.000 tra ristoranti, banchetti di Street food, mercati,  ecc. Tra i preferiti il Central Market, ma soprattutto lo Street Food Market, un immenso capannone che raccoglie tantissimi stand che propongono straordinario cibo preparato sul momento. Si ordina e paga e si riceve
  il numero, e poi si prende posto tra i lunghi tavoli con panchine: un cameriere porterà il fumante cibo al tavolo. Uno stand da provare è quello che serve Banh Xeo, il pancake vietnamita con pollo, gamberi, maiale, calamari: si tratta di  frittelle fatte con farina di riso, acqua, polvere di curcuma, talvolta il latte di cocco, farcite con pezzi di carne di carni varie o gamberetti, e germogli di soia, e poi fritte in padella. Tradizionalmente, sono servite avvolte in foglie di lattuga e farcite con foglioline di menta ed altre erbe, ed una salsa di pesce diluita con acqua e limone. Naturalmente c’è anche l’opzione per vegetariani. Una delizia di profumi e sapori, con l’indimenticabile scricchiolio in bocca, data dalla fragranza della sfoglia croccante, come dire, più buono che bello!   

 

 

E per gli amanti del genere, ostriche freschissime.

 

Ho Chi Minh: un nome moderno, altisonante, un nome che fa pensare al futuro, perché la gente qui non vuole voltarsi indietro. Saigon è solo un brutto ricordo, una reminiscenza per ricordare i propri cari, solo questo, nient’altro. “Il Vietnam è la nostra coscienza”: questa scritta in tutte le lingue appare all’interno del Museo dedicato alla Guerra del Vietnam o meglio Museo dei Residuati Bellici. Carri armati, caccia, elicotteri, macchine da guerra ed artiglieria pesante, accolgono i visitatori nel cortile.


L’interno è diviso in varie parti: dagli strumenti e metodi di tortura (dalla tristemente famosa ghigliottina alle cosiddette “gabbie delle tigri”) che spiegano come venivano trattati i prigionieri di guerra, si passa alla zona dove ci sono i combattenti catturati dai Vietcong.

Durante la guerra del Vietnam, tre milioni di persone sono state uccise (di cui due milioni di civili), due milioni i feriti e trecentomila di cui non si è più saputo nulla. Un museo che fa davvero venire la pelle d’oca, anche molto frequentato da scolaresche locali.


Ho Chi Minh ha viali ampi e lunghi che ricordano le capitali Europee, con quell’architettura che reclama il passaggio dei francesi, da Piazza dell’indipendenza con la statua dedicata a Ho Chi Minh in persona, alla Cattedrale che ricorda Notre Dame.


 

A breve distanza si trovano il teatro dell’Opera ed edifici che ospitano i marchi più prestigiosi della moda francese, con giovani in sogno di starlette che posano vicino a venditori con i carrettini.

Ed il famoso Hotel Continental Saigon. Graham Greene scrisse qui il suo famoso “The quiet American” (l’Americano tranquillo), dal quale è stato anche tratto un bel film con Michael Caine nel 2002. Il libro è uno spaccato degli anni cinquanta, quando, durante la guerra dell’Indocina, giovani fanciulle vietnamite venivano qui, al bar, ad incontrare gli “uomini occidentali”.

G. Greene scrive: “ …. bellissime. Ingenue e perfidamente smaliziate. È con quell’atteggiamento puro e innocente di chi non ha il peccato originale nel sangue, quell’espressione candida e disorientata da passerotto appena caduto dal nido, che le donne orientali sanno predisporre l’uomo a tutto: anche a essere spietatamente ingannato!”

l’Hotel Continental ha avuto tra i suoi frequentatori i corrispondenti di guerra e molti romanzieri di fama internazionale.

Alla sera lo Sky Bar ha un roof bar che serve cocktail vista stelle e città dall’alto, con i grattacieli che si illuminano creando uno skyline che  guarda il cielo.

 

Per chi vuole ancora tornare alla storia , nei dintorni della città si trovano anche i tunnel di Cu Chi, dove si nascosero prima i Vietminh e poi i Vietcong. Ben Cuoc è un sistema di gallerie, attive nel periodo della guerra, una rete sotterranea che ha avuto un ruolo strategico nella guerra contro gli Stati Uniti .

Un volo di un’ora porta in direzione nord alla città di Da Nang. Da lì in 45 minuti di autobus si arriva a Hoi An, patrimonio Unesco dal 1999. Ex città  portuale, equidistante (circa 850 km) tra Hanoi e Ho Chi Minh, Hoi An e’ ricca di stili che mischiano il passato cinese, francese, giapponese, in un insieme perfetto. Templi, pagode, case in legno intarsiato, un gioiello di rara bellezza che si snoda tra canali sornioni pieni di battelli carichi di turisti dal clic veloce.

 

 

 

Un luogo da visitare a piedi o con i tuk tuk



La « Città delle Lanterne » sembra un film romanticamente mieloso, il cui finale appare verso sera, con le illuminazioni colorate che fanno da ala al passeggio dei turisti che, sperando in un ruolo nel film,  posano in abiti curatissimi. 

 


A proposito, Hoi An è anche famosa per i sarti, bravi ed efficienti. Sono molti i negozi specializzati dove, tra pareti ricoperte di stoffe, si può ordinare un vestito su misura pronto in poche ore. Yaly, 47 Nouyen Thai Hoc e’ il « paradiso delle signore ». Sarti professionali sono pronti a prendere le misure, a scannerizzare i dati e creare il tuo manichino in polistirolo, che resterà disponibile in magazzino per due anni per eventuali ordinazioni.  Qui trovi innumerevoli tipi di stoffe e si possono creare tutti i capi di abbigliamento (tranne costumi da bagno e lingerie). Decine di spessi cataloghi suggeriscono modelli per ogni stile, anche se i creativi sono a vostra disposizione per copiare un vostro modello o disegnarlo davanti ai vostri occhi secondo le vostre indicazioni. Tanto per darvi un’idea un abito in seta lungo, foderato, con parecchie ruches costa circa 65USD.

 


 

A Hoi An portici, negozi, ristoranti sono decorati con lanterne colorate di tessuto e di carta.

 

La fabbrica di lavorazione della seta mostra il processo meticoloso che porta dalle larve alla filatura, fino alla certosina alacrità di chi realizza quadri ricamati


La scelta gastronomica è tanta e di ottima qualità. Il Vy’s Market Restaurant & Cooking School è il posto ideale per provare la cucina vietnamita di buon livello. Sembra una sorta di Eataly: un enorme locale dove grandi tavoli centrali sono circondati da cucine a vista che spadellano anatre arrosto, melanzane carnose, rane speziate agli odori , cau lao di gamberi e maiale, ravioli con pesce e funghi, bun cha con verdure saltate nel work e mille altre prelibatezze. Un raffinato mercato di leccornie, tra le tante, ottime le rane stufate. 

 

Morning Glory Signature è un’istituzione, sia per la location, ricca di atmosfera, che per il menù, fortemente locale. Uno dei migliori ristoranti di tutto il viaggio.

E poi giardini nascosti, che racchiudono stanze dove assaporare una tazza di tè verde o il caffè vietnamita.

La passeggiata in città è piacevole anche di giorno



 

Hoi An merita una sosta lunga, anche perché i dintorni sono una vera sorpresa. Consiglio di noleggiare in città una bicicletta (o uno scooter per i più pigri), e percorrere la strada che lascia velocemente la periferia per inoltrarsi tra risaie, bambù e bufali al pascolo:  poco più di cinque chilometri e si arriva sulla litoranea.



 

La strada panoramicissima da Hoi An a Hué è una costiera dalle mille forme.  Decine di chilometri di lungomare con cantieri in costruzione: il turismo sta per invadere il paese e decine di scheletri di mega Resort presto si vestiranno a festa. Molte grandi catene sono pronte, altre spuntano come funghi. Hilton, Holiday Inn, Four Season, Anantara…., sono solo alcuni degli Hotel che si trovano fuori Hoi An.

 

La spiaggia dorata è lunghissima, bordata da palme.

 


 

Risalendo lungo la litoranea verso Hué, prima di inerpicarsi verso Hai Van Pass, il valico più alto del Vietnam, una sosta obbligata è Marble Mountains, cinque colline calcaree modellate dall’erosione, che rappresentano i cinque elementi: Kim (metallo), Thuy (acqua), Moc (legno), Hoa (Fuoco) e Tho (terra).

 

 

Si può salire a piedi o con una funivia e poi perdersi felicemente tra tunnel,  grotte, pagode, con scorci panoramici a metà strada tra cielo e mare. La grande grotta ha aperture sul soffitto che lasciano passare dei raggi di sole che creano dei giochi di luce sorprendenti.  Le statue di Buddha e molte altre divinità richiamano i fedeli delle religioni buddiste, taoiste e confuciane.


 

La strada prosegue inerpicandosi sinuosa fino a Hai Van, detto anche “il Colle delle nuvole” perché in cima al passo la temperatura si abbassa repentinamente ed appaiono nubi rabbiose. Un paio di brutte foto solo per dire “io c’ero” lottando contro un vento fastidioso, e poi via, pronti ad osservare la vista panoramica prima di scendere nella dolcissima laguna.

 

Lang Co è una lingua di terra che si protrae fino al mare, con allevamenti di ostriche.

 

 

 Una sosta goduriosa  al The Lagoon Restaurant, che serve freschissime ostriche  con pepe, salsa di soia e wasabi.

Alla fine vengono portati in tavola dei piccoli bicchieri per  la Happy Water, una specie di grappa molto, ma molto alcolica, un presente che non si può rifiutare.

E si riparte per altri 70 chilometri fino a Hué

 



La cittadella imperiale di Hue’ ricorda vagamente (molto, ma molto vagamente) la città Proibita di Pechino.

Varcate le mura alte oltre 6 metri (erette dai francesi) si incontrano alcuni edifici che hanno perso la loro guerra con gli americani, che hanno bombardato il luogo, e giacciono quasi ruderi in attesa di una ricostruzione. Ma tutto ciò che resta è comunque di grande impatto visivo ed emotivo, con molti edifici che fanno rivivere gli antichi splendori della città


 

 

Un volo di un’ora scarsa porta ad Hanoi. Abbiamo soggiornato in un piccolo hotel fantastico, Hanoi Guest House, in centro, nel quartiere vecchio, vicino al lago e  vivacissimo la sera. Location perfetta per visitare la città a piedi. La camera è una chicca, molto cosy, con tutta una serie di optional inclusi che rendono il soggiorno gradevole. Oltre a te’ e caffè, si trovano tisane al ginseng, banane fresche, mele, biscotti, crackers, noccioline, ecc. a disposizione , tutta la giornata.

 

Il prezzo è di 35USD/ notte (colazione preparata sul momento, compresa).

Il quartiere vecchio di Hanoi ha case antiche e 36 strade che si intersecano, piacevoli da percorrere a piedi.
Hanoi è un mix di culture: se da una parte si sente l’influenza francese, le radici cinesi sono ovunque.

Il lago di Hoan Kiem,  è il cuore della città, non solo un polmone verde; intorno, i musei storici, il teatro, la Cattedrale e molti negozi (tra questi un centro commerciale di marchi d’alta moda).
In mezzo al lago c’è un piccolo santuario, lo Stupa della tartaruga, e, poco oltre, un tempio.

Dietro il lago inizia il dedalo di vie piene di hotel, ristoranti, negozi , in un’atmosfera di altri tempi, tra motorini stracarichi che scorrazzano e clacson irriverenti che si infiammano anche nei vicoli più stretti.


 

Per una full immersion tra la gente locale vi consiglio di puntare la sveglia all’alba. Se uscendo dal vostro hotel vi pare di essere in una città ancora dormiente, bastano poche centinaia di metri per immergervi in un’atmosfera per noi surreale.
Sotto alberi rigogliosi gruppi di persone si ritrovano giornalmente per iniziare insieme la giornata.
La musica accompagna arzille signore molto …over che saltellano e sculettano sotto le note della Macarena.

A pochi metri un altro gruppo si scatena con un cha-cha-cha vietnamita di effervescente vitalità.  (Guardate il video 1)

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Ma il più esilarante è “il gruppo del sorriso”: una quindicina di persone seguono la “corrente filosofica” che li fa cantare un ritornello che più o meno esulta il sorriso all’alba come buon proposito per accompagnare la  giornata che è appena iniziata. (Video 2)

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E poi c’è lui, che si applica in una rotazione del bacino…..l’ho guardato per oltre dieci minuti, poi non ho resistito e l’ho ripreso. (Video 3)

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Uno gruppo di Macho Men alterna corsette veloci a flessioni

e poi ci sono loro, le massaggiatrici, che praticano il rito del risveglio della schiena. Formano una fila indiana dove chi è dietro deve fare una specie di massaggio energico a due mani. Pare sia un ottimo stimolante per dorsi rattrappiti.

 

Naturalmente c’è anche chi preferisce fare un po’ di meditazione

 

Tutto questo succede giornalmente alle 6 del mattino, quando il traffico è ancora a letto.

Dopo la passeggiata è l’ora di scoprire un’incredibile luogo. Il Cafe’ Giang è il locale più conosciuto ad Hanoi per provare l’Egg Coffee, il tradizionale caffè all’uovo, una vera gioia per il palato. Si tratta di un caffè dolce con una crema di zabaione. Esistono due versioni, calda e fredda, entrambe a dir poco favolose.  Il locale è piccolo, con l’entrata da un vicoletto, e si snoda su due stanze, una al pianterreno con il bancone a vista che frulla e monta spumosi zabaioni, ed il personale che corre tra i mini tavolini dei due piani per accontentare la coda di clienti che attende il suo turno. Ci siamo tornati, e, francamente sarebbe il primo posto dove andrei se dovessi ritornare ad Hanoi

 

Dopo la salubre passeggiata e la prima colazione iper calorica è ora di fare un salto al mercato. Coloratissimo e profumato, con la frutta e la verdura straordinariamente esposta come una vetrina di Cartier.

 

 

 

 

 

 

E naturalmente i risciò a pedali (Xich lo) sono onnipresenti, pronti per la trattativa

 

 

E poi c’è chi ha deciso di prendersi una pausa

 

 

mentre un gruppo di donne lavora alacremente a qualche metro di distanza

 

Verso sera ci sono attrazioni che richiamano turisti : il teatro delle marionette sull’acqua è una forma d’arte tipica del Vietnam che racconta i fatti storici del paese in un’atmosfera incantata come quella del lago.

Per un immersione totale nella vita notturna vi consiglio di sedervi sui bassi sgabelli che pullulano per strada, testando uno dei piatti locali (come per es. il Pho: vermicelli di riso al manzo o al pollo, o il Hun Cha: carne di maiale grigliata con spezie aromatiche) e sorseggiando una Tiger (birra locale) ghiacciata. Lo street food è ottimo, ma è soprattutto l’atmosfera che si respira che è interessante. Giovani e over, modaioli e retro, si mischiano  per le strade illuminate di una delle capitali più autentiche dell’Asia.

 

 

Ogni tanto fa piacere un bel ristorante con vista. Cau Go è perfetto: una terrazza in centro, vista lago, come direbbe qualcuno: « Bello e Buono ». Situato al quinto piano di un edificio, serve molti piatti locali con ottimo servizio. Il prezzo è decisamente più alto dei ristoranti normali in città, ma comunque economico per noi Europei. Ottimo sia per la colazione delle 13, che per il pranzo della sera.

 

 

Chi va ad Hanoi  sicuramente fa una gita in uno di quei luoghi che quando sei a casa e vedi in fotografia, sogni di raggiungere.
Il minivan che porta a Ha Long percorre i 150 km  con i ritmi asiatici, tra traffico nervosetto e soste frequenti. Per questo occorreranno oltre 3 ore di viaggio.

“Dove il drago scende in mare” è la traduzione di Halong, da una leggenda che parla di dragoni inviati dagli dei ad aiutare i vietnamiti che stavano lottando contro gli invasori cinesi. I gioielli che i dragoni sputavano si trasformarono velocemente nelle isole ed isolotti che formarono una sorta di muraglia che li salvo’ dall’invasione. Oltre duemila  isole formano la baia di Halong, una delle sette meraviglie naturali del mondo, secondo la New Open World Foundation, Patrimonio dell’ Unesco dal 1994. Ecco un esempio di foto che da tempo mi faceva sognare un viaggio in Vietnam

 

 

“Ha Long Bay è conosciuta per le acque smeraldine e le migliaia di isole calcaree ricoperte di foresta pluviale  che le si ergono attorno”

Purtroppo il tempo non è clemente, da quanto mi dicono, sono rari i momenti come quelli della foto, anche perché io ci sono stata in dicembre, considerato (con marzo, aprile, ottobre e novembre) uno dei periodi migliori per visitare la baia. Un ragazzo, ridendo mi ha detto: « quando qui esce il sole, un paio di giorni all’anno, chiamano tutti i fotografi e fanno fare scatti da inviare ovunque. Siete fortunati oggi, il cielo è solo plumbeo e forse non pioverà ».
Detto questo, abbiamo optato per una crociera di due giorni, sperando di avere il tempo per gustare appieno questo luogo. Le crociere sono di base tutte uguali: naturalmente ci sono quelle a 2-3-4-5 stelle, ma, a parte chiaramente il confort della cabina ed il cibo, il pacchetto è uguale per tutte, con le stesse attività ed orari. Ecco, questa è una delle cose che ho trovato orrenda. Noi abbiamo optato per una barca 4 stelle, ma credetemi, a parte lo staff a bordo, gentile, ed il buon cibo (ottima qualità ed abbondante) per il resto vi assicuro che non lo rifarei. Il programma è particolare: si sale a bordo verso le 13:00, colazione, e si parte verso la Hang Dau Go, un’isola con una piccola spiaggetta, ma conosciuta soprattutto per l’immensa Grotta, detta Delle Meraviglie, dove si cammina tra stalattiti e stalagmiti, oltre a graffiti del XIX secolo. La coda all’entrata è lunghissima,  i turisti cercano nervosamente di saltare la lunga fila, mentre si arrampicano per la scalinata e,  quindi, occorre sbrigarsi anche all’interno: una lesta camminata e via, senza potersi soffermare ad osservare le meraviglie della natura. Si risale a bordo ed è l’ora di cena. Dopo cena (quando il tempo lo permette) si può pescare o rilassarsi sul ponte. Per noi faceva così freddo che l’unica cosa che avremmo voluto avere in quel momento era il riscaldamento in camera!
Al mattino alle 6 lezione di Tai-Chi (tempo permettendo!). Alle 7 abbondante prima colazione, dopodiché si deve fare il check out cabina, perché partono già le pulizie per i prossimi ospiti. Una sosta su un’isola dove si allevano ostriche, con annessa vendita di perle, e, per i pochi coraggiosi, un giretto in canoa, e poi risaliti sulla barca, incredibile ma vero…..dalle 09:40 alle 10:40 viene servita una colazione a buffet enorme, con pesce, pollo, riso, pasta, gamberi, verdure e decine di altre leccornie…..ma come si fa, dopo aver finito la prima colazione (British style) a  rimangiare dopo meno di due ore? Alle 11:00 sbarco e….. arrivederci!

È evidente che il turismo di massa è diventata la prima risorsa di questa parte del Vietnam. Francamente ho trovato la gestione del business oppressiva, senza alcuna attenzione ad altro che non sia gestire più turisti possibile. Le Junk, ossia le imbarcazioni di origine cinese, si seguono in fila indiana, tante, tantissime, troppe.

 

 

 

 

Si torna ad Hanoi, felici di ritrovare la vivacità di una città e di un quartiere che ha mille angoli da scoprire. Ed è anche giunta l’ora di lasciare il Vietnam.
Se avete voglia di continuare a leggermi a breve vi porto nelle Filippine

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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