Filippine

Quando, in ufficio, alzavo gli occhi dal computer e guardavo oltre la finestra, cercavo, tra la nebbia ed i fumi della ciminiera, un angolo di azzurro, di blu, di turchese, di smeraldo, di glicine. Chiudevo gli occhi per un attimo e sentivo la salsedine, l’onda lieve che profuma di libertà, l’odore palpabile della rena bianca, lo scricchiolio sotto i piedi dei frantumi di conchiglia, il sapore del cocco ed il fruscio delle palme che salutano il giorno che se ne va. 

Modessa è una delle oltre settemila isole delle Filippine, la cartolina che mandi con un pizzico di sarcasmo (sapete che il sarcasmo è come il colesterolo, c’è quello buono e quello cattivo, ed ognuno ha quello che si merita). Sembra costruita da un architetto, con la sua forma ovale paffuta, tra palme accomodanti con amache che fanno dondolare solo i pensieri positivi e la sabbia che si allunga con la bassa marea. Un’oasi di pace dove è bello perdersi per poi ritrovarsi.

Le Filippine sono così, un po’ melanconiche, un po’ sorridenti, un po’ sornione, un po’ misteriose, e talvolta anche arroganti e dispettose. 

Nel mio incantesimo le immaginavo un po’ come le foto fatte da una coppia di amici americani con cui ho viaggiato in Africa, fotografi, Divergent Travelers, che avevamo pubblicato questi due scatti.

 

Per presentarvi le mie Filippine partirò dall’arrivo in quel Porto Princesa che non ti ammalia. Ho scelto il Microtel by Windham perché uno dei pochi con spiaggia privata ad un prezzo accessibile. In realtà, sebbene si trovi lontano dal caos ed in mezzo alla natura, purtroppo la bassa marea non permette di approfittare totalmente del mare che si trova di fronte. Quando la marea è bassa, l’acqua calma si trasforma in specchio e riflette i colori drammatici del cielo. Questo luogo è perfetto per chi arriva stressato da  mesi di lavoro e vuole rilassarsi,  lontano dal caos cittadino. 

 

 

 

Dopo qualche giorno di relax è ora di partire alla scoperta di una  parte delle Filippine.

 


Il minibus parte in direzione Port Barton, dove una sosta di alcuni giorni permette di esplorare l’area intorno.

Un fiume che scorre in una buia caverna lunga otto chilometri: sembrerebbe l’inizio di un film dell’orrore, invece siamo a Sabang, dove si trova l’Underground River, ad un paio d’ore da Puerto Princesa. Il Parco del Fiume Sotterraneo più lungo del mondo è patrimonio Unesco, ed è stato inserito nel 2012  tra le nuove sette meraviglie naturali del mondo. Un breve sentiero immerso nel verde porta i turisti, tanti, in una radura. Giubbotto di salvataggio e caschetto da minatore, vengono forniti prima di mettersi in coda per salire sulle imbarcazioni, con abili barcaioli che fanno la spola. Si parte verso l’ingresso della grotta e ci si avvia all’esplorazione di una parte, circa due chilometri, degli otto del fiume. La guida illumina  con una torcia i segreti e le meraviglie che circondano le alte pareti con stalattiti e stalagmiti dalle incredibili forme, anche se la descrizione dettagliata avviene tramite le cuffie auricolari fornite ad ogni passeggero. In silenzio, per non disturbare madre natura e lasciare intatta la poesia che circonda la caverna. Cattedrali, animali di varie fogge, villaggi, fiori. Ampie camere si alternano a cunicoli, con un particolare ecosistema che permette una grande varietà di forme viventi, come l’immensa colonia di pipistrelli che hanno scelto di tappezzare la volta di una grande caverna e vivere in questo luogo incantato.

Il tour dura circa 40 minuti : francamente l’ho trovato interessante, ma sicuramente non da inserire tra le sette nuove meraviglie del mondo, ma questa è un’opinione molto personale, di un’amante della natura che va alla ricerca dei posti più incontaminati del mondo.

 



 

 

La strada che porta a Port Barton attraversa villaggi dai ritmi lenti


 

 

 

 

 

 

Qualche ristorante accoglie i turisti con ottime leccornie innaffiate dalla onnipresente birra locale, la Red Horse, extra strong,  6,9% alcool,

 

 

 

Nei villaggi la gente si sposta con i tricycle, una sorta di moto tipo sidecar completamente coperta, molto artigianale, ma vi garantisco che alcune sono vere e proprie opere d’arte

 

Da Port Barton partono i tour per varie isole. Ovunque cartelli propongono i seguenti itinerari (quasi tutti uguali)

Tour A-B-C-D

  • Twin Reef, Wide Reef, Exotic Island, German Island
  • Aquarium Area, Marine Sanctuary, Paradise Island, Exotic Island
  • Paradise Island, Exotic Island, German Island
  • Twin Reef, Fantastic Reef, Bigaho Falls

Detto questo, anche se scegliete la vostra lettera / destinazione preferita, nulla è garantito: sarà il capitano a portarvi dove le condizioni meteorologiche del giorno sono più rosee.

Exotic Island ( due isolette divise da una secca), è carina con le sue acque cristalline, anche se il turismo inizia ad arrivare prepotente (come, purtroppo in molte altre isole delle Filippine che ho visitato). In generale le escursioni sono piacevoli, c’è tempo sufficiente per fare snorkeling o passeggiare negli isolotti, prima di concedersi un delizioso buffet preparato con cura dai ragazzi che organizzano il tour, dei veri tuttofare che si destreggiano in cucina con grande maestria per poi tornare a maneggiare cime, timoni e bome.

Non ricordo esattamente il nome di tutte le isole, ma vi confermo che sono carine, anche se francamente  avevo aspettative diverse: sull’isola detta dei coralli, (di fronte a Paradise Island) il corallo è passato a miglior vita,  e nel famoso Turtles Spot, di fronte a German Island, le tartarughe non si sono viste (solo una, al largo, solitaria, avvistata da un’amica!).

 

 

 

 

 

 

Se le vostre tasche lo permettono andate al Secret Paradise Resort & Turtle Sanctuary , che pare sia una chicca di naturale bellezza.

 

E poi si rientra a Port Barton, villaggio costiero, una mezzaluna, da una parte le barche dei pescatori e dall’altra quelle che attendono i turisti per le escursioni. Port Barton è immerso nel verde, senza palazzi e con case basse nascoste tra le palme. Ha ancora quello charme che sa di antico, con la strada di terra polverosa, pochi negozi e ristoranti che iniziano solo ora a crescere per accogliere quel turismo che sta arrivando. L’atmosfera rurale ne fa un luogo interessante per chi ha ritmi lenti : sicuramente non è adatto per il turista che ha poco tempo. El Nido è il must del turismo mordi e fuggi, decisamente più organizzato e con escursioni imperdibili,  il luogo che non può mancare se hai pochi giorni di vacanza. Port Barton non ha spiagge attraenti, non ha strutture lussuose, ma può essere una sosta sorniona per chi si sposta via terra da Palawan a El Nido, trovandosi a metà strada tra le due località e cerca quell’atmosfera meno distante tra i locali ed i turisti, quel luogo dove magari ci si può ancora fermare a far due chiacchiere con il barcaiolo intento a riparare le reti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed eccoci pronti a partire per Modessa. Poco più di un’ora di viaggio da Roxas, ed il miraggio si avvicina.


 

 

Un pandolce dalla fragranza e dal profumo inebriante, da gustare lentamente, un quadretto da appendere nella stanza degli ospiti. Modessa appare così, dopo un’ora di blu.
L’isola ospita un Resort semplice con bungalow spartani in bamboo che necessitano di un lifting, ma dalla posizione stupenda. Si trovano infatti di fronte alla spiaggia, sotto palme che salutano il cielo. Certo non un Resort di lusso, con l’acqua solo salata e fredda e la corrente (da generatore) solo dal tramonto all’alba, ma dall’atmosfera calorosa e piacevole per dimenticare lo stress. L’isola si gira in quindici minuti, passando dalla zona ventosa e rocciosa, non balneabile, alla spiaggia dorata dove si passeggia piacevolmente anche con la bassa marea che fa intravedere tesori inestimabili.

 

Il ristorante è semplice, ma lo staff, giovane, è molto carino e reattivo, sempre pronto ad ascoltare le richieste (a volte piuttosto ridicole) di quei turisti (non viaggiatori!) che vogliono spendere poco e pretendono molto.

A Modessa l’orologio si ferma, l’unico richiamo sono i pasti, dopodiché ci si lascia andare a quel dolce far niente pieno di tanto.

 

 

 

 



 

 

 

 

 

 

Nell’attesa che il cielo prenda fuoco

 

 

 

E si riparte direzione El Nido, attraverso quei villaggi nell’interno del paese dove le giornate passano lente e sornione.

 

 

 

 

 

 

 

El Nido è passato nel giro di pochi anni, da ambita meta di subacquei attratti dalla interessante fauna marina, a luogo decisamente turistico. La tavolozza di un pittore, purtroppo piena di sbavature, date dall’invasione di quel turismo che la sta denaturando. El Nido è brutta, una cittadina dove i lavori in corso sono incessanti per costruire alloggi ammassati, dove mettere il turismo che sta scoppiando. Così come si susseguono ristoranti di ogni genere: passeggiare per il centro e leggere i menu’ ti dà l’idea di molti improvvisati ristoratori, che sono accorsi fiutando il business in espansione. Sembra di essere in quell’America  dove hanno successo, nei ristoranti “Italiani”, “i linguini Alfredo”. Per questo consiglio di prenotare a Corong Corong, a pochi chilometri dal triste centro, tanto ci sono tricicli ovunque che scorrazzano alla ricerca di clienti e per pochi centesimi di euro ti portano lì’ solo quando ne hai bisogno. A Corong Corong  ci sono molti alberghetti: io sono stata purtroppo all’ orrendo RL Coastline Inn, fronte spiaggia, economico ma davvero brutto, ma facendo una passeggiata sul lungomare ho visto Hotel molto carini, con splendide terrazze sul mare. Tra questi ho scelto di  ammirare il tramonto sorseggiando un cocktail al Panorama Resort, una chicca, ambiente modaiolo, con sottofondo musicale, pieds-dans-l’eau! I turisti arrivano anche da El Nido per godersi il tramonto qui, che pare sia strepitoso. Purtroppo sono capitata in una giornata con un sole molto molto pallido ed il cielo infuocato ho dovuto solo immaginarlo.

 

 

 

 

alta marea



bassa marea

 

 

Le spiagge di El Nido non sono particolarmente belle e la mancanza di pulizia non invita a restare . Quindi dovrete prenotare un tour (o organizzarvene uno fai-da-te).

Come a Port Barton, anche a El Nido le escursioni sono denominate con A-B-C-D, ma le isole sono molto diverse.I dintorni di El Nido hanno isole calcaree con scogliere e lagune incastonate tra montagne lussureggianti, una biodiversità rara.
Armatevi di pinne, boccaglio e scarpette da scoglio (per non rovinare i coralli, ma anche perché qui vivono pesciolini voraci come il pesce scorpione) e partite alla ricerca del sogno.

Il tour in speed boat porta alla scoperta di luoghi incantati nell’arcipelago di Bacuit. Occorre sempre seguire le previsioni meteo, quindi anche qui le isole vengono decise all’ultimo minuto. La natura regna sovrana, con lagune  di sabbia che affiorano con la bassa marea e spariscono con un soffio nell’acqua color smeraldo.

 

Difficile scegliere quale tour fare: vi consiglio di sfogliare le immagine in internet delle varie isole, così potete scegliere quelle che si avvicinano di più al vostro immaginario. Io vi segnalo quello che mi è piaciuto di più.

Il paradiso lo immagino un po’ come Tapiutan Island, per me una delle migliori spiagge delle Filippine per fare il bagno in un’acqua turchese, deliziandosi della natura intatta che circonda questo scrigno. Una caletta nascosta, di naturale bellezza. Isla Expedition organizza i tour che comprendono anche un’ottima colazione preparata dalla ciurma con attenzione anche all’occhio, oltre che al palato.

 

 

 

 

 

 

 

E poi Big Lagoon: uno stretto canale d’acqua da attraversare con un kayak, riempiendosi gli occhi di verde, per una full immersion, non certo solitaria, ma comunque decisamente gradevole.

 

 

È arrivato un momento che attendevo da molto tempo, la Islands Expedition, una spedizione in barca di tre giorni, alla ricerca di quelle isole un po’ oltre il turismo di massa. Linapacan è un insieme di 52 isole paradisiache, per la maggior parte deserte, Purtroppo (malgrado fosse febbraio) il tempo non è stato clemente. Una buona parte delle compagne di viaggio è stata male e quindi non posso certo raccontarvi un viaggio esilarante.  Dopo ore di secchiate, su acque che passano dal placido al tumultuoso, e intirizzite dal freddo dopo aver implorato il cielo di essere clemente, come nei migliori film ci viene annunciato : “terra!”. Non è l’isola dei sogni. Purtroppo a casa  ho cercato sul web fotografie del luogo, e quando le ho viste mi sono detta: “anche la natura è umana, mi sembra di vedere quelle donne decisamente fotogeniche….ma molto diverse nella realtà”.
Detto questo è evidente che un tempo avverso non sia foriero di letizia. Ginto Island e’ una delle isole che fanno parte di un circuito.  La nuova tendenza per esplorare le isole delle Filippine è il “Glamping” : Camping Glamour e qui c’è un meraviglioso esempio.

 

 

Alla ricerca del miliardo di stelle, le tende trasparenti posate sulla spiaggia sono l’ennesimo miraggio che diventa realtà. Ho sognato di dover lottare la notte per tenere gli occhi aperti ad ammirare un cielo stellato, con le orecchie invase dal reflusso incessante di onde che delicatamente lambiscono la mia spiaggia. E di svegliarmi con un dolce cinguettio. O magari, tanto per apparire meno old style, ma un po’ più glam…. con una musica di sottofondo di qualche artista internazionale. D’altra parte il karaoke è nato in oriente, pare addirittura che un filippino abbia accusato un giapponese di avergli rubato l’idea e averla dichiarata sua prima.

Ed eccole, le sognate tende, lì pronte ad accogliervi come Morfeo.

 

 

 

 

Purtroppo la nostra notte è stata meno romantica: il vento ululante alitava come Eolo, e, malgrado la tenda sia stata trasportata dietro una parete di canne di bambù, la mattina mi sono svegliata con la sabbia nelle orecchie e non solo.

Una cosa è certa: il meteo nelle Filippine è bipolare,  inutile cercare di capire cosa succederà tra poche ore.

Occorre armarsi di quella sana rassegnazione e cercare di essere pronti quando un piccolo raggio di sole fa capolino da una nuvola rabbiosa.

E si riparte per un’altra destinazione, sempre con un tempo da lupi…..di mare!

 

Un’altra notte su un’isola (di cui non ricordo il nome), con bungalow spartani pieds-dans-l’eau.

 

 

Purtroppo, causa brutto tempo, non abbiamo potuto approfittare in pieno del tour di 3 giorni, che consiglio assolutamente,  che doveva comprendere anche la visita di un villaggio di pescatori, lo snorkeling in un area particolarmente ricca di fauna marina ed un picnic su un’isola deserta. E non dimenticatevi la Dramamine (o altre pillole per il mal di mare)

Il viaggio riparte in direzione di Coron Town, con la sosta in un’altra chicca: nel bipolarismo c’è anche una parte positiva ed eccolo, il cielo azzurro che ci ha fatto una bella sorpresa!

Ditaytayan Island è la lingua bianca che appare come un miraggio. La barca si ferma al largo e l’isola si raggiunge con il kayak. Splendida, al mattino presto, prima che il corollario di barche faccia scendere orde di turisti che cercano con fatica uno spazio dove distendere il telo.

 

 

 

Il tour finisce a  Coron, una cittadina conosciuta più che per la sua bellezza (inesistente) perché ha un aeroporto con molti voli quotidiani da e per Manila, ed un porto che collega giornalmente El Nido, e un paio di volte a settimana Manila e Puerto Princesa.

Ma non solo, Coron è anche il punto di partenza di quei tour che fanno scoprire alcuni dei posti più belli delle Filippine. Il turismo è tanto, e per questo Coron si è attrezzata di strutture di ogni livello per accogliere sia quel viandante che cerca confort che quello più spartano e, perché no anche quello modaiolo. Il centro è brutto, tre vie con ristoranti di buona cucina filippina, un po’ meno quella internazionale. Le spiagge in città sono sporche e trasandate, ma non rattristatevi. Andate al porto al mattino o rivolgetevi ad una delle varie agenzie per partire alla scoperta dell’entourage.

 

Alte falesie calcaree si specchiano nel verde dipinto di verde: un quadro, un affresco dalle tonalità vibranti, che nasconde un lago dalle acque cristalline. Benvenuti a Kayangan , sito che sembra la pubblicità di Jurassic Park o un film d’avventura.
Ci si arriva con un tour in bangka (barca locale) che propone giornate di Island Hopping, il saltellare da un’isola all’altra.
Kayangan è il posto che devi vedere, un percorso snodato in un contesto mozzafiato. Si sbarca su una passerella e si inizia la camminata verso la collina, oltre 300 gradini in mezzo al verde intenso. Sarete ricambiati con una vista mozzafiato su un punto panoramico davvero unico. La discesa, al lato opposto vi porta in un lago immerso nella giungla, una chicca, dove è obbligatorio nuotare con il giubbotto salvagente perché le acque sono piuttosto profonde. Le acque del lago sono al 70% dolci e al 30% salate, ed è un luogo sacro perché i locali credono sia abitato da spiriti gentili. Anche qui, purtroppo occorre arrivare al mattino, prima che ci sia l’assalto dei turisti, tanti, troppi: mi ha detto un’amica che ha visto la baia piena di barche ed un formicolaio incolonnato sulla scalinata.

 

 

 

 

 

 

 

Gli amanti del dolce far niente su spiagge sabbiose qui saranno delusi: questa parte delle Filippine è piena di calette naturali e arenili bianchi, ma tutte molto piccole. Se si vuole trovare un posticino libero dove distendersi, occorre arrivare presto al mattino.
CYC Beach (Coron Youth Club) è una spiaggia dove si deve pagare una tassa di entrata (per la conservazione del patrimonio naturale), quindi un po’ meno affollata.

Barracuda Lake è consigliata per le immersioni, Twin Islands e Green Lagoon (da notare che il verde dipende dalla posizione del sole) sono belle.

Atwayan Beach è un esempio di sfruttamento : la piccola spiaggia di sabbia farinosa, incastonata in un gioiello, che è stata completamente coperta da strutture. Certo, si tratta di capanne che ricevono i clienti per un picnic, ma tant’è….si vedono barche in fila, in attesa che si liberi il metro quadro dove consumare il lunch in piedi.

 

Il tempo purtroppo corre e non riusciamo ad andare né a Skeleton Wretch (un’amica me lo aveva consigliato): un relitto inabissato visibile anche solo facendo snorkeling, né a Skeleton Reef, dove un relitto della Seconda Guerra Mondiale giace pacioso, ricoperto da quei coralli che forniscono un habitat naturale per molte specie marine.

 

Se avete un po’ di tempo libero a Coron, verso sera potete fare un salto alle terme a Maquinit Hot Spring, a pochi chilometri dal centro (un triciclo vi porta in quindici minuti), una delle poche piscine naturali di acqua salata  al mondo, caldissima (oltre 40 gradi) Rilassante e piacevole verso il tramonto.

 

A Coron ci sono tantissime soluzioni di pernottamento, dal 5 stelle (come Resort esclusivi su isole private con spiagge coralline) a semplici hotel economici.
E poi c’è un Ostello spettacolare, probabilmente il più bello mai visto in giro per il mondo. In realtà i prezzi sono più da Hotel che da Ostello, ma il posto è splendido.  L’Hop Hostel si trova a poche centinaia di metri dal centro, in collina. Un villone bianco che ricorda una casa su un’isola greca. Tutto è ben organizzato. Le camere (e per chi vuole risparmiare i dormitori) sono curatissime, con lenzuola di ottima qualità, il ristorante serve fantastiche colazioni a la carte e lunch stellati. E, vera chicca, verso sera ci si ritrova tutti sulla spettacolare terrazza vista mondo, a sorseggiare un cocktail o un bicchiere di vino, con bella musica di sottofondo, a salutare il sole che va a riposare. Ho adorato questo posto, internazionale, così accogliente, decisamente “cosy”.

 

Mi restano alcuni giorni, il volo per Taiwan è stato cancellato e devo aspettare, e mi ha raggiunta un’amica australiana. Decidiamo  di lasciare Coron, troppo turistica, per un posto un po’ fuori dal caos nervosetto della polverosa cittadina.
A 40 km da Coron Town e 20 km dall’aeroporto, la natura da’ il meglio di se. In un ambiente intatto, su una larga baia solitaria,  un italiano ha costruito dei bungalow molto spartani. La cucina è semplice e cara per il posto, ma non si viene qui per questo. Il contesto è assolutamente strepitoso. Fronte spiaggia  (naturalmente bisogna seguire la marea, quindi non aspettatevi di poter prendere il sole quando volete), ma con una meravigliosa passeggiata in un contesto totalmente naturale. E, se siete nuotatori provetti, potete raggiungere l’isolotto di fronte a piedi, per tornare a nuoto con l’alta marea. Una vera oasi vergine,  che ho molto amato.

 

 

 

 

 

 

Le Filippine stanno diventando una delle destinazioni più gettonate dal turismo di massa. Fortunatamente le isole sono tantissime e quindi se sapete organizzare attentamente il viaggio ed avete tempo sicuramente potrete vedere bellezze mozzafiato. Io resto con la curiosità di scoprire le isole da sogno ancora incontaminate. Ora purtroppo devo dedicarmi alla visita  di altri paesi, nel mio giro del mondo, ma penso che lascerò una porticina aperta alle Filippine, nell’attesa di poter tornare tra qualche anno e partire alla ricerca delle vere perle nascoste, sempre sperando che sia preservato il loro ecosistema ambientale.

Un ultimo sguardo da lassù e, dopo essermi riempita gli occhi  di verde e di blu, sono pronta ad una nuova avventura: un’altra isola, completamente diversa e solitaria. Arrivederci a Taiwan

 

 

 

 

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