Corea del Sud (seconda parte da Jeju alla DMZ)

 

Il traghetto da Mokpo a Jeju Island dura 4 ore e mezza ed è un piacevole incontro con la gente locale, che torna a casa. Pochi i turisti, che preferiscono arrivare sull’isola con un comodo volo. Le abitanti dell’isola, che tornano a casa stracariche di borse,  parlano tra loro, mi guardano e sorridono: sono l’unica straniera, stravaccata sul grande tappeto della stanza comune. All’improvviso una signora, la meno anziana, si alza e mi offre delle orribili caramelle piene di zucchero e coloranti, ma non posso rifiutare. Ingoio il dado colorato, sintetico, dal profumo intenso e sgradevole, quasi fosse un vero dado da brodo, cercando di non respirare troppo, perché disgustoso. Ed ecco che la signora, pensando di farmi un ulteriore piacere, me ne porge un altro. Sarò costretta a dirle, con gesti più o meno eloquenti, poiché nessuna parla inglese, che lo zucchero mi fa male. 

Jeju è la più grande isola della Corea del Sud. Quella che viene chiamata la Hawaii della Korea, ospita interessanti siti naturali, il vulcano dormiente, il monte Hallasan, patrimonio Mondiale dell’Umanita’ dell’Unesco ed il  monte Seongsan, originato da un’ eruzione sottomarina. E poi scogliere frastagliate che si proiettano sul blu profondo del mare, grotte, cascate, spiagge dorate, e spiagge nere.

Tutto può essere visitato con un tour o con un’auto. In realtà ogni sito è ben organizzato: parcheggi, ristoranti e passerelle in legno, anche se, evidentemente, tolgono un po’ di quella idea di “immersione nella natura”.

Prima di partire è necessario fare un breve cenno alla storia di questo luogo, ed il suo passato turbolento. Gli abitanti di Jeju hanno dovuto lottare a lungo, prima contro i Mongoli  e poi contro i giapponesi. La liberazione del 1945 fu in realtà l’inizio di forti tensioni sociali interne con repressioni, finite in un vero sterminio della popolazione. Ecco perché, oggi, si dice che la gente dell’isola è « dura e fredda ». Lo si vedrà anche quando vi parlerò delle famose Haenyeo, le carismatiche donne sommozzatrici. In realtà la mia esperienza, come avete visto, è stata tutt’altro, già dall’inizio. 

Partiamo con il tour orientale dell’isola, quello, secondo me, più interessante.

La Jeju Jeolmul Natural Recreation Forest è un grande parco aperto nel 1997, con percorsi dove ossigenare i polmoni e vivere a contatto anche con cedri  giapponesi e pini e poi laghetti che sembrano dipinti ed un immancabile tempio, dove trovare pace e serenità.


 

 

 

 


Vicino, si trova il Seongeup Folk Village, dove vivono ottocento persone. Un luogo d’altri tempi, con le case caratteristiche ed una vita rurale dal sapore antico, che scorre lenta. 

 

 

 

Gwangchigi Beach è una spiaggia nera: da qui si osserva il Seongsan Illchulpeak, originato da un’eruzione marina.

 

 


Finalmente vi posso parlare delle Haenyeo, le pescatrici iconiche del luogo e della loro determinazione e forza. Queste donne  sono un pezzo di storia dell’isola. Per procacciare molluschi, lumache di mare,  polpi e crostacei, queste donne si tuffano e sono capaci di stare in apnea oltre tre minuti. Un durissimo mestiere, tramandato da generazioni, che è entrato nel Patrimonio Immateriale dell’Unesco.

Le donne dai polmoni d’acciaio si tuffano senza bombole d’ossigeno con un tubo rotondo simile ad una palla per mantenere l’equilibrio ed un cesto dove mettere la pesca, da vendere ai ristoranti. Nell’epoca moderna l’attrezzatura è composta da una muta, una maschera subacquea, pinne, guanti, peso pettorali che aiutano l’immersione, una zappetta da diserbo ed una rete attaccata ad un dispositivo di galleggiamento. Prima del tuffo, è d’obbligo dire una preghiera a Jansugut, la dea del mare, con l’augurio di protezione e di una pesca abbondante. Le immersione avvengono sia in inverno (la temperatura del mare è molto bassa, quindi le donne, dopo l’immersione, corrono a scaldarsi davanti al fuoco), che in estate (a volte stanno 3 ore in acqua senza pausa). Oggi, purtroppo,  i prezzi dei pesci si sono abbassati ed il duro lavoro fatica a continuare nelle nuove generazioni. Questa  era la classica vita di una donna di classe povera nell’isola,nel XVIII secolo, quando gli uomini lasciarono Jeju per andare in guerra a combattere l’invasione giapponese. Le donne, madri e mogli, rimaste sole, furono obbligate a trovare un modo per sostentare la famiglia. Un lavoro molto duro : oggi le donne Haenyeo anziane hanno problemi di udito e vista, dovute al lungo tempo trascorso nelle fredde acque del mare.

 

 

Si può fare un’ottima degustazione di frutti di mare sul posto

 

 

Percorrendo la litoranea da est a nord, le coste frastagliate e selvagge si alternano a belle spiagge

 

Un altro Patrimonio Unesco è Manjanggul Cave, un monumento naturale. Si tratta di una grotta, o meglio un tunnel di lava con varie strutture curiose. La grotta Manjanggul è uno dei condotti di lava più lunghi del mondo. Stalattiti ed interessanti formazioni rocciose sono ben visibili durante la passeggiata all’interno della grotta.

 

 

 

Il tour ovest passa invece dalle meravigliose spiagge di Hyeopjae e Gumneung dalla sabbia bianca, mista a conchiglie, entrambe incastonate in un contesto naturale splendido. La spiaggia di Hyeopjae è sabbia fine, poche onde e mare pulito: quello che noi amiamo. In realtà i coreani non amano il sole e fanno il bagno completamente coperti.

 

 


La passeggiata sul lungomare è stupenda, anche in una giornata dal clima altalenante.

 


La sosta successiva è l’Hallim Park, un immenso giardino botanico, che si può visitare in ogni stagione, con splendida vegetazione, dalla Via delle Palme

 

 

 

ai bonsai, a piante di varie fogge,

Alle rocce con strane forme

alle grotte.

 

 

Si prosegue fino a O’sulloc, le piantagioni di The

 

Qui si può anche gustare l’ottimo gelato al The verde. 

 

 

Il tempo purtroppo non è dei migliori, vento ed acquazzoni si alternano a poche schiarite di sole, quindi decido di lasciare Jeju e volare nella Miami della Corea del Sud.  Busan mi accoglie a braccia aperte presentandosi subito con quell’aspetto metropolitano molto moderno.

 

 

Una bella spiaggia dorata, una passeggiata con artisti che si esibiscono per strada, bar moderni, con vista mare, ragazze con trucco perfetto e l’abito dell’ultima sfilata, che posano per un selfie od un servizio fotografico tra amiche e uomini orgogliosi di mostrare il loro fisico tutto muscoloso.

 E dietro, sul calar della sera, un bell’oggetto di ingegneria, uno splendido ponte illuminato, con un’esplosione di fuochi d’artificio di contorno: benvenuti a Miami, pardon a Busan (o Pusan), la città che ricorda la perla della Florida.

 

 

Gwangalli è la bellissima spiaggia sabbiosa punto di ritrovo per gente di ogni tipo. I coreani non amano prendere il sole, quindi sarà difficilissimo vederli distesi ad abbronzarsi, ma attraversano l’arenile quando portano a passeggio il cane,  vanno in bicicletta, fanno jogging, o vanno a vedere le sculture create da vari artisti. (Busan è una delle città candidate per l’Expo 2030, con Roma, Ryhad e Odessa. Per questo, in giro per la città,  si vedono sculture imponenti).

 

 

Anche la sera, il luogo è pieno di gente, che viene a fotografare il fotogenico ponte, da dove si possono ammirare fuochi d’artificio sparati dalle barche, che portano in giro anche i turisti, pronti a gustarsi il calar del sole in un ambientazione molto vacanziera, con un bel cocktail in mano.

 

 


E poi gli sposi,

 

 

O chi ha scelto il luogo come set fotografico

 

 

 

Anche per far vedere il proprio fisico

 

Con la comoda metropolitana si può scorrazzare per la città. A pochi chilometri, l’altra spiaggia dalla sabbia dorata, Haeundae,è raggiungibile anche con una bella passeggiata, con vista sui grattacieli.

 

 

La spiaggia è di sabbia fine, con poche onde e mare pulito: quello che noi amiamo. In realtà i coreani amano la spiaggia , ma  non amano il sole e fanno il bagno completamente coperti, amano l’acqua ma non sanno nuotare.

Lasciata la spiaggia, una lunga via porta nella zona dei ristoranti, tra sculture che ricordano anche l’Europa, come una piccola copia della Tour Eiffel.

 

Dall’altra parte della città (Busan con oltre 4 milioni di abitanti è la seconda metropoli più popolata della Corea del Sud) il mercato di Nampo-dong è un’attrazione da non perdere. Ottimo pesce, anche cucinato sul posto.

 

 

 

 

Da qui si può prendere una strada che sale, verso la collina.

 

 

 

 

 

Quello che prima era una specie di favela, oggi è il villaggio della cultura, un luogo decisamente turistico, ma comunque carino. Il Gamcheon Cultural Village è stato costruito dai rifugiati della guerra di Corea provenienti dal nord del paese. Colorato, con graffiti e murales e le caratteristiche case, molte trasformate in caffè, bar, atelier, terrazze panoramiche.

 

 

 

 


Ma Busan ha anche una parte decisamente più spirituale. Ad una decina di chilometri dalla città,  sempre raggiungibile con la metropolitana, poi con un breve autobus, Haedong Yonggungsa Temple è una chicca. Appoggiato sulle rocce, con il fragore delle onde che si infrangono sugli scogli, dopo una breve camminata, appare il meraviglioso tempio, decisamente fotogenico. Un luogo di culto frequentato da tutti, non solo turisti curiosi, ma soprattutto gente locale che viene qui per pregare o chiedere una benedizione.

 

 

 

 

La statua del Buddha viene toccata dalle donne in dolce attesa, che sperano nel figlio maschio.


Mi spiace lasciare Busan, che ho amato per quel contrasto tra metropoli ed uno strano senso di essere in un grande villaggio: ho trascorso una settimana qui, un po’ per rilassarmi dal lungo viaggio precedente, un po’ perché ho veramente trovato un’atmosfera quasi di normalità, come se fossi a casa. Alloggiando a Gwangalli ho trovato tutte le comodità e anche le coccole che cercavo. Ottimi ristoranti, bella spiaggia, mercati autentici ed una splendida SPA (SPA Land): un grande centro termale (una delle più grandi in Asia) dove si possono provare vari tipi di sauna (secca, umida, di sale), con  diversi effetti terapeutici. Hammams, zone relax, scoperte sensoriali, massaggi ecc, tutto per cercare di far dimenticare la vita ultra stressante della Corea.

 

Tra l’altro la SPA si trova in uno dei centri commerciali più grandi e chic di tutta l’Asia.

La splendida e lunghissima passeggiata sul mare è rilassante ed interessante al tempo stesso: all’improvviso ci si trova in mezzo ad un concerto per strada

 

 

 

 

Lascio Busan per spostarmi  a Gyeongju, l’antica capitale del regno di Silla, la dinastia che ha regnato in Corea per quasi mille anni. Per questo, una visita della città è un’immersione nella storia del paese.

Passeggiando per il centro città si arriva davanti ad un parco con delle collinette erbose che sembrano rilievi naturali. In realtà questi sono tumuli ed all’interno ci sono le tombe degli antichi re e membri della dinastia Silla, che regno’ nel primo millennio; diciamo che questa è la versione asiatica delle piramidi in Egitto.

 

 

Un sentiero molto curato gira intorno ai tumuli.

Se a qualcuno venisse in mente di calpestare le montagnette d’erba, deve saper che la multa a cui va incontro è di venti milioni di won, oltre quattordicimila euro o due anni di carcere.

 

Una di queste tombe è aperta al pubblico, e l’interno contiene la documentazione ed i tesori che accompagnavano il commiato del defunto.

 

 

 

Un altro luogo imperdibile in città, a pochi chilometri dal centro, è il Donggung Palace, conosciuto anche come Anapji. I palazzi reali della dinastia Silla si affacciano su uno stagno splendido, dove carpe giapponesi sguazzano quasi per darti il benvenuto. Un bel percorso in mezzo al verde ed un’atmosfera d’altri tempi. La sera, l’illuminazione si riflette creando magie.

 

 


Gyeongju è una cittadina a misura d’uomo, niente grattacieli né grandi hotel, bensì case tipiche con tetti in legno.

Ogni tanto si incrocia una coppia o amiche, vestiti  con abiti tradizionali, che rispondono con piacere alla mia richiesta di una fotografia.

 

 

La piacevole passeggiata per Gyeongju parte dal suo mercato dove troverete pesce freschissimo o ottimo street food, come questi ravioloni a vapore,

 


per poi continuare nei vicoli del centro, dove case dall’architettura tipica sono state trasformate in sale da te’, ristoranti o boutique.

 

 


Torno a Seul, perché domani ho un’ escursione molto interessante.

La DMZ è raggiungibile con  un tour da Seoul.

La così detta zona demilitarizzata al confine con la famosa Corea del Nord, è curiosa, anche se turistica. La striscia di terra che attraversa la penisola coreana è un cuscinetto tra la Corea del Nord e la Corea del Sud, ed è stabilita dalle disposizioni dell’accordo di armistizio coreano: sostanzialmente, al suo interno, nessuno dei due paesi può cominciare qualsiasi atto di aggressione. In realtà, questa è considerata uno, se non il, confine più pericoloso del mondo, perché tecnicamente le due Coree hanno firmato solo un armistizio e nessun accordo. Il 10 agosto 1945, dopo il ritiro dell’ armata giapponese, le forze sovietiche andarono verso il Nord della Corea, mentre la parte Sud fu interessata dagli USA. Fu allora che, proprio gli americani,  proposero che il trentottesimo parallelo dividesse la penisola in due e Stalin accettò. Da questa divisione nacquero la Repubblica Popolare Democratica di Corea e la Repubblica di Corea. La DMZ fu creata qualche anno dopo, nel 1953, con l’accordo tra Corea del Nord, Cina e Nazioni Unite. Larga 4 km e lunga 250 km, in realtà interseca il trentottesimo parallelo.

Sembra tutto chiaro, ma, poiché la guerra di Corea non è mai ufficialmente cessata,  da entrambe le parti si trovano truppe di militari, che ne fanno uno dei confini più militarizzati del mondo, militari che possono sorvegliare, ma non attraversare la linea di demarcazione.

 

 

A causa di attacchi di violenza nella zona, pare che siano morti oltre 800 soldati, tra sudcoreani e nordcoreani, nonché alcuni statunitensi.

 

All’interno della DMZ sorgono anche i famosi edifici blu dove hanno luogo gli incontri ed i negoziati.

 

 

Il giro passa da Gamaksan Suspension Bridge e poi dal parco Imjingak, dove si vedono i binari del treno e la locomotiva che collegava i due paesi.

 

 

 

 


Poi si arriva
ad una piattaforma dove, con un binocolo, si può osservare il paese più strano del mondo, la Corea del Nord, con la sua bandiera, il quarto pennone più alto del mondo (160 metri), costruito dopo che il governo sudcoreano aveva costruito un pennone con bandiera di 98,4 metri.

 

 

Il villaggio di Kijŏngdong sembra un tranquillo villaggio rurale, con edifici in cemento colorati ed illuminazione elettrica, che già appariva negli anni ´50, quando l’energia era un lusso riservata solo ad alcuni quartieri cittadini. Tutto è rigorosamente orientato verso il confine. In realtà, osservazioni recenti con moderni sistemi telescopici, affermerebbero che gli edifici sono disabitati, privi di stanze interne e le luci vengono accese ad orari prestabiliti con l’illusione di mostrare uno stile di vita decisamente diverso dalla realtà. Altoparlanti propagandistici lanciano messaggi, udibili anche dalla Corea del Sud.

Tra il 1974 ed il 1990 la Corea del Sud ha scoperto 4 tunnel che attraversano la DMZ. La Corea del Nord ha dichiarato che i tunnel erano destinati all’estrazione del carbone. Nel primo tunnel, oltre a illuminazione, sono stati trovati depositi di armi . Oggi il terzo tunnel è accessibile si turisti. È lungo 1600 metri  ed arriva ad una profondità di 63 metri.

 

Un ultima fermata al Gloster hill memorial park

 

 


È ora di lasciare questo paese, indiscutibilmente una delle destinazioni più di tendenza degli ultimi anni, un viaggio che consiglio di organizzare da soli. La Corea del Sud è un paese molto sicuro, molto facile da girare e decisamente economico. Anche se apparentemente fuori Seul la gente non parla inglese, in realtà le persone sono molto gentili e pronte a fermare loro stesse un giovane che faccia da traduttore. Lasciatevi quindi avvolgere da questa atmosfera e correte subito in Corea del Sud, prima che il turismo di massa offuschi quell’autenticità che è ancora presente in molti luoghi

Un ultimo saluto con gli “attori “ del mio viaggio

 

 

 

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