Madagascar 🇲🇬 – Parte 3 (il Sud e l’Est)

Lasciate le spiagge bianche del sud ovest, il profondo sud del Madagascar si presenta nella sua rudezza. Alcune piste sabbiose sono molte lente, e le auto rarissime. 

La gente si muove con i carretti trainati da zebù o a piedi, sotto un sole cocente che non da’ tregua, ed una vegetazione fatta per lo più di cespugli di piante spinose. Nei giorni di mercato nei villaggi,  la gente percorre lunghe distanze, per portare i pochi prodotti da vendere o da acquistare. In alcuni tratti,  la strada è stretta e dovremo procedere lentamente, dietro ai carretti trainati dagli zebù. 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

Ad un certo punto, passiamo vicinissimi ad un fiume (con l’acqua, cosa rarissima, nel sud del paese, in questa stagione, periodo di secca), e qui, purtroppo, ho una storia terrificante da raccontarvi. Anno  2019 : il mio autista sta percorrendo questa strada per recarsi dai parenti della moglie che vivono in un villaggio a qualche decina di chilometri da qui. È l’inizio dell’estate, quindi l’acqua inizia a salire. Decide di fermarsi al fiume, e riempire due bidoni di acqua, da portare alla suocera. Quando ha finito di riempire i bidoni vede,  poco lontano, una scena terribile: un coccodrillo che salta fuori dall’acqua,  prende una bambina intenta a fare il bucato, e la trascina, facendola scomparire nelle acque. Alain è scioccato, chiede ai presenti chi era la bambina e cinque maschietti si palesano come fratelli. Ecco che il mio autista decide di caricare i bambini in macchina ed accompagnarli dalla famiglia per dare la tragica notizia. Il padre dei bambini è davanti alla capanna. Alain racconta l’episodio agghiacciante, ma la tragedia continua, con la risposta del padre: « e ora che la bambina non c’è più, chi laverà i panni di tutti noi? ».

 

Lungo la strada, decidiamo di offrire  un passaggio ad una coppia,  che va a trovare la famiglia che vive in una piccola cittadina a settantacinque chilometri (per loro sarebbero tre giorni di viaggio, a piedi, ridotti ora a 4 ore di auto, durante i quali non smetteranno di sorridere e ringraziare, in malgascio ).

 

Le poche auto che si incrociano, o i taxi brousse (gli “autobus” locali) si muovono lentamente, anche perché stracarichi di persone e cose.

 

E poi, ancora villaggi, sempre poverissimi.

 

 

Uno dei luoghi più belli del sud del Madagascar è la Riserva Naturale di Berenty, nata nel 1936 per iniziativa del francese Henri de Heaulme.

 

Un luogo magico, dove si possono incontrare migliaia di lemuri, di varie specie. Questo meraviglioso animale ha delle caratteristiche specifiche: i lemuri mangiano al mattino e alla sera e dormono nelle ore più calde della giornata . La  femmina è dominante e quando mangiano è sempre lei ad avere il cibo migliore. I cuccioli  nascono in agosto e settembre e saremo molto fortunati di poter vedere tantissime piccole creature. Il lemure diventa indipendente a partire dai sei mesi e inizia a riprodursi dopo i tre anni. Vive fino a dodici anni. 

Il Lemur Catta, è il più conosciuto nel mondo. Ha la caratteristica coda ad anelli e vive in gruppi. 

 

 

 

il Sifaka, è detto anche lemure danzante ed è molto curioso. È stupendo! Ne ho visto un paio che saltellavano sulla strada, proprio in modalità danza, Credetemi….meravigliosi !

ma anche quando sono tranquillamente seduti sugli alberi sono bellissimi

 

 

 

 

ed il piccolo microcebus murinus (ne ho visti alcuni, e sono stata fortunata a riuscire a fotografarne uno, perché hanno piccole dimensioni e sono seminascosti tra gli alberi)

 

Nel parco vedremo anche camaleonti, due civette e molte specie di uccelli, che vivono, sereni, nei due tipi di vegetazione, la foresta spinosa e la foresta a galleria. In quest’ultima, si trovano centinaia di piante, tra queste il tamarindo, che gioca un ruolo cruciale nell’eco sistema di questa foresta, in quanto molti animali (anche i lemuri) si nutrono dei suoi frutti e delle sue foglie. 

 

 

 

Il pernottamento è in bungalow immersi nella natura e può capitare di voler entrare  in casa, ed avere un folto gruppo di graditi ospiti che sostano davanti alla porta

 

 

 

 

La strada migliora, in direzione di Tôlanaro (ex Fort Dauphin), la « grande città più a sud del Madagascar ».

Qui si attraverseranno enormi campi di sisal, una fibra naturale ricavata dalle foglie dell’agave sisalana. Si tratta di una fibra che viene usata per fare corde, funi ed anche tappeti.

 

 

 

 

Fort Dauphin  fu scoperta dai portoghesi, ma poi furono i francesi a colonizzarla per lungo tempo. Ora la cittadina vive sul turismo, data la vicinanza al Parco del Berenty ed anche perché ci sono alcuni hotel di lusso, anche se le spiagge sono decisamente meno belle dell’ovest del paese.

Sono stata in due Hotel (perché il primo non aveva disponibilità per tutto il periodo).

Il  Talinjoo’s è stupendo, abbarbicato su una collina sopra la spiaggia, in mezzo al verde, decisamente « cosy ».

 

 

L’Ankoba Beach si trova invece direttamente sulla spiaggia, ma è decisamente meno bello, anzi l’atmosfera è fredda ed anche il servizio non giustifica assolutamente un prezzo, decisamente più alto,  del Talinjoo’s.

 

 

Il Madagascar è un pot-pourri. La popolazione è un mix di africani, malesi, indiani, portoghesi, francesi, persino polinesiani (e, molto altro) che ha dato origine alle tante tribù (ufficialmente diciotto) che vivono sull’isola.

Tutto questo sarebbe straordinario, ma, purtroppo, la siccità nel sud, le inondazioni nel centro nord, il disboscamento, e, quindi, la conseguente scarsità di cibo, aggiunta ad un aumento demografico fuori controllo, fanno sì che il paese viva in una situazione drammatica.

La strada ad est che porta verso il nord è la Route National 12. In realtà dovrebbero chiamarla pista 12, perché, a parte pochi chilometri asfaltati, tutto il resto è sabbia e terra battuta. Ma la caratteristica di questa lenta, anzi lentissima, attraversata, è data dai famosi 10 “bacs”. Si tratta dei fiumi da attraversare: in questi luoghi non esistono ponti, bensì rudimentali traghetti, fatti da grandi zattere in legno, sulle quali salgono le auto (al massino due). In alcuni, una carrucola a motore porterà da una sponda all’altra.

 


Su tre dei dieci « traghetti », il motorino è rotto, quindi si usa il traino con una fune: tutti i presenti contribuiscono, e, all’arrivo, anche i bambini, che corrono dalla battigia, sentendosi degli eroi.

 

 


Ma  l’attraversamento più lungo (l’ottavo) è addirittura tutto manuale. La zattera, che può caricare solo un’auto per volta, arriva con otto aitanti giovani (più il « negoziatore ») che inizierà a parlare del prezzo della prestazione. Solo dopo che avremo trovato un accordo, potremo caricare la nostra auto, ed i ragazzi ci porteranno dall’altra sponda, a suon di pagaiate (quattro per parte). E naturalmente, poiché siamo “vazaha “ (bianchi, stranieri), il prezzo è triplicato.

 

Il tratto di strada, da Fort Dauphin, a Farafangana (circa trecentodieci chilometri) è il più difficile, finora, di tutto il viaggio. La strada è inesistente, fatta semplicemente da sentieri accidentati. I villaggi sono rari, ed i più poveri del paese: qui non c’è davvero nulla. Saranno giornate polverose e lentissime, con soste obbligate per la notte in quei pochi alberghi sul percorso impervio.

 

 

 

 

 

 

Con grande sorpresa, in un luogo sperduto, veramente fuori dal mondo, i bungalow di Chez Mamie Louise sono un miraggio. 

Al centro, un ristorante semplice ma con ottima cucina casalinga, con anche il vino Malgascio.

La strada riprende: finiti i dieci traghetti, dovremo ancora affrontare due grossi ostacoli. Dovremo attraversare due ponti in pessimo stato. La manutenzione  non viene fatta da anni: su questa strada non hanno transitato auto durante tutto il periodo Covid, ed anche ora, la maggior parte delle persone, passano solo a piedi. Dovremo fare tutto noi, anche spostare alcuni tronchi per permettere al nostro mezzo di transitare.

E qui, c’è un’altra bella storia. Il padre, divorziato, sta accompagnando la figlia (che è andata a trovarlo durante le vacanze scolastiche) dalla madre. La ragazza inizierà la scuola fra tre giorni. Loro sono in viaggio da un giorno e mancano quarantatré chilometri (almeno un altro giorno e mezzo di cammino). Potete immaginare la felicità quando li faccio salire in auto e percorreranno con noi le quasi quattro ore di una strada sconnessa.

Poi la strada, lentamente, migliora

 

 

Sempre  lentamente,  la natura riprende i suoi spazi, e riappaiono ridenti risaie.

Il bel verde intenso si mischia all’aria che profuma di chiodi di garofano. Qui, questa spezia è la regina: gran parte della popolazione la raccoglie, mette a seccare i semi davanti casa e poi li vende. I camion arrivano a caricare la produzione che poi sarà venduta in tutto il mondo. 

 

 

 

Dopo Farafangana la N12 ritorna asfaltata ed i paesaggi riprendono colore.

 

In una calda domenica, si incontrano tantissime persone, a piedi, lungo la strada, con il vestito della festa: vanno in chiesa per la messa settimanale

 

E poi carretti, e biciclette, che trasportano di tutto

 

 

A circa cento chilometri a Nord, a Manakara, sorge il Parthenay Club, un hotel carino, sulla spiaggia, con bei bungalow immersi in un giardino tropicale. Il ristorante propone buon pesce e frutti di mare. 

 

 

 

 

 

 

La cittadina sorge sulle rive dell’oceano indiano.

Gli spostamenti “in città “ si fanno principalmente con il pousse-pousse in bicicletta

 

 

Da qui si può fare una bella escursione in piroga sul Canal des Pangalanes, progettato dal Generale Gallieni, quindi che risale all’epoca coloniale francese.

 

 

 

 

La prima sosta sarà il ritorno dei pescatori: il pesce fresco viene venduto direttamente sulla spiaggia, dai  pesci piccoli da frittura, alle razze, alle orate, fino alle prestigiose 🦞 aragoste.

 

 

 

 

 

Mentre scegliamo il pesce che verrà cucinato più tardi, i bambini ci vengono incontro.

 

 

 

La piroga scivola sul canale dolcemente, lasciando il tempo di osservare la vita quotidiana, dai ritmi lenti, della popolazione.

 


La gente vive prevalentemente di pesca (oltre, naturalmente, di turismo). Le donne sono immerse nell’acqua e tirano le reti dei
🍤 gamberetti.

 

 

Anche gli uomini pescano

 

Ad un certo punto noto una serie di strane reti, fatte con delle zanzariere.

 

Riri’ (nome d’arte della guida) mi spiega che queste « specie di rete » sono abbandonate. Riporto il suo discorso: « nel mio paese, il governo gonfia i dati della diffusione della malaria, per l’OMS, così vengono inviati più soldi. Teoricamente, questi soldi andrebbero spesi per curare la malaria, quindi per medicine e zanzariere, tra altri. In realtà anche i prezzi vengono gonfiati, ed il governo deve comunque far vedere che ha comperato un po’ di zanzariere, che nessuno userà, perché non necessarie. Quindi, qualcuno le userà per pescare, ma, essendo di pessima qualità (grazie Cina!), in realtà finiranno gettate via, come immondizia ».

Riri’ ha studiato, è un ragazzo sveglio, ed anche un po’ fuori dal comune. Ama le domande « non da classico turista ». A volte si sentono storie che sembrano barzellette, ma non in Africa. Mi racconta che una ricca signora francese ha finanziato l’acquisto di un sostenuto numero di preservativi e, con l’aiuto di un piccolo gruppo di persone (Riri’ ne faceva parte), ha raccolto le donne del villaggio e spiegato, oltre a come nascono i bambini, anche l’importanza di avere rapporti sessuali protetti, visto anche l’alto numero di malati di AIDS. Ha poi distribuito preservativi. Dopo alcuni mesi, il gruppo di persone si ritrova nel villaggio. A grande sorpresa, prendono  parte all’incontro anche molti uomini. Ad un ragazzo è stato chiesto un commento sull’uso del preservativo. La risposta è una domanda: « mangeresti mai una banana con la buccia? ».

Ma la risposta più incredibile, è stata quella di un ragazzo, non giovanissimo, che, alla domanda: « avete provato il preservativo ? », ha detto : « la prima volta non mi è proprio piaciuto. È andata molto meglio la seconda volta, quando, prima di inserirlo, ho tagliato la punta ».

Ci sarebbe da ridere, se non fosse che non si tratta di una battuta, così come è vero l’augurio dei genitori alla giovane coppia : « vi auguro di avere 14 figli, 7 maschi e 7 femmine », questa, secondo i malgasci è la famiglia ideale. Peccato che in Madagascar il tasso di disoccupazione sia dell’84% e oltre l’85% della popolazione viva sotto la soglia di povertà (e, purtroppo questi dati sono di alcuni anni fa, oggi la situazione è peggiorata). Parliamo di una popolazione di circa 30 milioni (ufficiali), con previsioni per il 2050 di arrivare a oltre 60 milioni. Il Pil è di circa 420$ e la speranza di vita 57 anni.

A proposito di bambini e credenze, poco lontano da qui, sulla costa sud est del paese, a Mananjary, una « maledizione » si abbatte sui gemelli. Tra le 18 etnie malgasce, gli Antambahoaka credono che i gemelli siano una sfortuna. In passato venivano uccisi, brutalmente, con il cranio fracassato sotto gli zoccoli degli zebù. La storia racconta che uno dei più antichi capi di questa etnia sposò una donna locale che morì di parto, subito dopo aver dato alla luce due gemelli. Stessa sorte capito’ alla seconda moglie e poi alla terza. Per questo, da quel momento in poi, le nascite gemellari sono considerate una disgrazia.

Oggi, un’associazione francese che si occupa di adozione, prende i gemelli appena partoriti e li aiuta ad avere un futuro.

Ecco un altro villaggio di pescatori

 

 

 

 

 

Ed una distilleria, dove vengono prodotti  oli essenziali

La sosta pranzo sarà sulla spiaggia con un bel barbecue, preparato dal nostro equipaggio (riso rosso, pesce alla griglia ed aragoste)

 

 

 

 

 

Poco distante, un altro rientro di pescatori

 

 

 

La strada asfaltata verso Ranomafana è panoramica: montagne, bambù, risaie, e tanti fotogenici alberi del viaggiatore, dalla caratteristica forma a ventaglio.

lungo la strada troveremo le carrozze del mitico treno, che avrei voluto prendere, tra Fianarantsoa e Manakara.  Il famoso treno è anche detto il TGV malgascio, ma, anziché Train a Grande Vitesse, la traduzione è Train a Grande Vibration. Un rumoroso treno brontolone, che però attraversa, lentamente i villaggi, con la possibilità di vivere con i pendolari locali; purtroppo, la linea è in riparazione  da tempo.


 

 

Ranomafana è una piccola stazione termale. Certo, le terme non sono così organizzate come da noi, ci sarà una semplice piscina,  che avrà l’acqua calda.

il paese è carino, incastonato tra fiume e montagne

 

 

 

 

 

il paese è famoso anche perché si trova a pochi chilometri dal Parco Nazionale di Ranomafana. Esistono diversi circuiti, da 4 ore ad alcuni giorni. Il Parco (patrimonio mondiale dell’Unesco) si trova in una foresta tropicale umida. Tra bambù e piante endemiche, diversi tipi di lemuri fanno capolino. Tra questi il lemure dal ventre rosso, e l’apalemure dorato.

 

 

 

 

 

 



 

l’Hotel Thermal, ha un ottimo ristorante

 

La RN7 che porta verso il nord è ancora dissestata: asfalto,  ma con buche che fanno rallentare la velocità. Fortunatamente, il paesaggio è splendido.

 

 

Siamo nella regione dell’etnia Betsileo, un popolo di origine prettamente africana. Le loro case sono decisamente particolari, strette e alte, fatte di fango e mattoni, moltissime con il tetto di paglia. La cucina è all’ultimo piano (perché il fumo sale e così ,  non toccherà le camere).

 

 

 

Agricoltori e coltivatori, si incontrano nei campi o nelle risaie.

 


Sono anche famosi per le grandi sculture in legno.

La strada è un continuo sali e scendi, tra ridenti colline.

Si incontrano molti carretti veramente “handmade”, usati per il trasporto di oggetti, legno, bidoni d’acqua e altro.

 

 

Nelle discese dalle colline, i ragazzi saltano sopra la plancia e scendono lungo il pendio ad alta velocità: il rudimentale freno, fatto con un pezzo di caucciù, mi fa veramente paura….. sono bravissimi a pilotare un pezzo di legno con quattro ruote e poco più, lungo le discese dalle  colline.

Si incrociano molti camion (che fanno la spola nord-sud), così come l’autobus che percorre il tratto da Antananarivo a Fort Dauphin, milleduecento chilometri, in ben quattro giorni, pare con solo un paio di brevi fermate al giorno.

Qualche vigneto

E venditori di miele (e rum)

 

 

Lungo la strada, ancora tantissimi bambini che corrono chiedendo soldi ai “vazahas “ (stranieri) e poi donne e uomini che vendono di tutto.

 

 

È impressionante il numero di giovanissimi, così indifesi, ma che incutono un certo timore, proprio perché si legge nei loro occhi la disperazione.

A Ambositra si ritorna nel caos della città. I pousse-pousse qui sono tantissimi: i carretti sono trainati da uomini e , verso mezzogiorno, sono stracarichi di bambini con la meravigliosa divisa della scuola e gli zaini appesi dietro.

 

 


 


Ambositra è famosa per gli artigiani Zafimaniry: negli atelier sono esposte le opere in legno ed i manufatti, come borse e capelli, coloratissimi

 

 

In questa cittadina c’è anche un ritrovo molto turistico: l’Artisan Hotel.
Le camere sono intorno ad una corte principale, dove si trova anche il ristorante.

 

Lo spettacolo di musica e danze tipiche attrae tutti i turisti che transitano, anche solo per la pausa colazione

la strada prosegue, sempre molto panoramica,

 

 

fino all’altra grande città, Antsirabe. Con il clima degli altipiani (è ubicata a 1500 metri) Antsirabe è la meta ideale per le vacanze della famiglia malgascia. Grandi viali alberati sono attraversati da pousse-pousse. Qui si trova un monumento che riporta le 18 etnie del paese.

Molto bella la stazione, uno dei rari esempi sopravvissuti di architettura coloniale. Anche se non è più in uso, ha ancora il suo fascino

 

 

La capitale dell’artigianato malgascio sarà il luogo perfetto dove trovare il souvenir ideale: tra tessuti ricamati, miniature di camioncini colorati, e oggetti fatti in corno di zebù.
L’Hotel Couleur Café è una chicca. Meravigliosamente incastonati in uno splendido giardino, i bungalow sono molto curati nei particolari, con un bel caminetto ed un piccolo portico esterno.

 

 

 

 

 

 

Il ristorante propone anche cucina tradizionale. Ottimi i gamberi con salsa al cocco.

 

Si riparte verso la capitale, perché il nostro viaggio nel centro e sud del Madagascar sta finendo. È ora di volare alla scoperta del nord. Ma, prima, ci concediamo una sosta culinaria in un ristorante gourmet, straordinario. La Varangue è un boutique hotel che si trova nel cuore di Antananarivo . L’arredamento del ristorante è decisamente particolare: nel cortile sono parcheggiate auto da collezione e,  all’interno, ci sono alcune sale vintage, tanto che sembra di entrare in un museo. Il cibo ed il servizio sono altrettanto interessanti, ed il rapporto qualità/prezzo eccezionale.

 

 


 

È ora di lasciare la capitale e prendere il volo per Antsiranana (Diego Suarez). Questo è uno dei voli della Tsaradia (Air Madagascar), che, come dice il mio autista, è conosciuta anche come Air Comique o Air Peut-être (forse).  Tra due settimane vi racconterò la Quarta (e ultima parte) del mio viaggio in Madagascar.

Ma,prima, vi saluto con una foto di un matrimonio. Per strada, scendo dall’auto e chiedo se posso fare una foto agli sposi. Il padre della sposa risponde: « certo, grazie vazaha ». A questo punto, curiosa, gli chiedo. « Cosa vorresti dagli sposi ? ». E lui: « che facessero 14 figli, 7 femmine e 7 maschi….mia figlia non mi  deluderà ».
Come vedete non era solo una battuta!

 

A presto. Nell’ultima parte del mio viaggio, vi porterò anche nel luogo più turistico del Madagascar: farò un’immersione in un mondo completamente diverso, decisamente meno autentico, ma altrettanto interessante, tra isole di sabbia bianca, nuotate con le tartarughe giganti ed i meravigliosi squali balena. Ed ancora lemuri e camaleonti.

 

Stay tuned

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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