Madagascar- Parte 2 (la Costa Sud-Occidentale )


La strada verso Bekopaka è una pista molto frequentata.
Il Massif des Tsingy de Bemaraha è Patrimonio Naturale dell’Umanita’ e quindi richiama molti turisti.

Il Grand Tsingy è formato da cattedrali di calcare, profonde fessure scavate nella roccia, labirinti di pinnacoli. Purtroppo la visione dall’alto è solo per quegli sportivi che hanno la forza di arrampicarsi sulle pareti a strapiombo. Legati ad un sistema di corde ferrate, alle quali ci si aggancia tramite una cintura che viene data per fare l’escursione, gli scalatori affrontano la salita che li porterà poi, attraverso ponti e cunicoli, alla visione dei pinnacoli. Posto una foto  di un amico.

 


Io dovrò accontentarmi del Piccolo Tsingy, decisamente meno interessante. Anzi, francamente, se avessi saputo prima,  della difficoltà del Grand’ Tsingy, non avrei sicuramente fatto tutta quella strada: Oltre duecento chilometri di monotona pista, tra andata e ritorno, due giorni di viaggio, perché ci sono anche un paio di fiumi da attraversare, con chiatte rudimentali (dove vengono caricate le auto),  gestite a mano da un gruppo di ragazzi muscolosi. 

 

 


Il piccolo tsingy si visita in piroga, lungo il fiume.

 

Alcune soste prevedono anche l’entrata in grotte.

 

Poi c’è una parte che è fatta da labirinti rocciosi.

La strada verso sud riprende lenta, su piste che variano continuamente, con sabbia bianca,  che poi diventa rossa.

 

 


Ritornati a Belo-sur-Tsiribihina,  si può fare una sosta gastronomica. Mad Zebù è un ristorante che si trova nel centro della città, con la veranda sulla strada, polverosa e rumorosa, dove carretti di zebù (i cugini dei nostri buoi), sfiorano le auto ed i pousse-pousse (tipici carretti-taxi, trainati da biciclette). Mad Zebù è una perla, perché qui la cucina è davvero di altissimo livello. L’attesa paga, perché tutto è freschissimo, preparato al momento.

 

 

La pausa perfetta, prima di riprendere la strada (con un altro attraversamento del fiume in zattera), che porterà ad uno dei luoghi iconici del Madagascar.

 

 

Iniziano i primi baobab, quegli alberi sacri, dalla storia antica. Altissimi (fino a trenta metri) e con diametri enormi (sino a nove metri), sono chiamati anche “alberi bottiglia” perché sono importanti riserve idriche. Per questo possono sopravvivere a caldi e siccità estreme.

 

 

Esistono esemplari millenari, tantissimi con forme particolari, come questo “baobab degli innamorati”

 

 

O questo, considerato sacro, quindi recintato : per accedervi occorre togliersi le scarpe.

 

 

Ed eccoci in uno dei viali naturali più spettacolari del mondo, il Boulevard des Baobab, una bella visione di giorno

 

unica, al tramonto

I baobab, per i malgasci,  sono venerati come divinità e ci sono molte leggende religiose che li riguardano.

La strada verso sud continua lenta, su piste e guadi, attraversando villaggi poverissimi, immersi nella “foresta secca” del Sud ovest. Ogni tanto un bastone di legno barra la strada: per passare occorrerà dare dei soldi. Uno dei problemi più gravi del paese è proprio la corruzione; ovunque, il turista è visto come un limone, da spremere….ma questo, si sa, succede praticamente nella maggior parte dei paesi africani. “Il bianco” è ricco a prescindere. Anche quando, in un altro contesto, dirò che, anche in Europa,  ci sono dei poveri (bianchi)  che chiedono l’elemosina, mi verrà detto, brutalmente, che sono bugiarda, perché tutti i bianchi sono ricchi.

 

La provincia di Tulear è piena di sorprese.

Ancora baobab

E guadi

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All’improvviso, appare la foresta  di baobab, come un quadro, dietro a risaie color smeraldo: una visione bucolica, che però cela ancora un duro lavoro, spesso anche infantile.

 

 

 

 

Poi si avvicina la costa, e lo splendido litorale prende forma.

 

A Morondava, L’Hotel Le Vezo Beach è un ottimo punto di ristoro, per chi ama la spiaggia, ma anche la vita notturna della città.

 

Chi,  invece, vuole vivere fuori dal mondo, deve riprendere la strada verso sud e percorrere altre centinaia di chilometri di strade selvagge, attraversando ancora villaggi poverissimi.

 

 

 

 

 


La provincia di Tulear ha una costa incantevole. Qui si trovano
 dei lodge, molti a gestione famigliare, meravigliosamente incastonati tra arbusti spinosi decisamente fotogenici ed una rena bianca come borotalco. Così è il Manga Lodge, con le sue tre baie.

 


Ancora più a sud, sempre seguendo la pista sabbiosa ed i suoi cactus piegati dal vento,

 

c’è il Shangri La Lodge. Le foto si commentano da sole.

 

 

Per un attimo, lascio la bellezza eterea del mare, per inoltrarmi in quell’arida foresta spinosa, poco distante. Chi mi conosce,  sa che amo dar voce alle minorità. In questa zona, precisamente tra Tulear e Morombe, vive una popolazione.

I Mikea (per informazione Mikea letteralmente significa “chi non vuole essere citato in giudizio “) sono indigeni che vivono lontano dalla modernità e dai suoi vincoli.

Cacciatori e raccoglitori di tuberi, per procurarsi il cibo, possono percorrere anche dieci chilometri a piedi. Per fare il fuoco, strofinano rami secchi e conoscono perfettamente tutte le piante della foresta, da cui ricavano medicine tradizionali. Oggi, i Mikea sono in via di estinzione: il disboscamento illegale, l’industria mineraria e la produzione di carbone, stanno distruggendo il loro habitat. Pare che la tribù conti oggi solo qualche centinaio di membri.

Anche se conoscono tutti i segreti per sopravvivere nella foresta spinosa, purtroppo sono gli esterni a minacciare la loro sopravvivenza. Una multinazionale australiana ha ottenuto,dal governo malgascio, le autorizzazioni per avviare attività estrattive proprio in quella zona (dove si trova la ilmenite, usata nella produzione di vernici).

I Mikea sono molto timidi ed impauriti e si lasciano avvicinare solo dopo che una persona che conoscono ha spiegato che alcuni amici avrebbero portato dei regali: zucchero, sale, riso e, naturalmente, tabacco.

Ed eccoli, silenziosi ed un po’ guardinghi, intorno alla capanna. La donna ha un bambino: il padre potrebbe essere il fratello, lo zio, il nonno, o anche suo padre. Nella tribù l’atto sessuale è istinto puro. Così come non si conosce l’età di un individuo. Ma, d’altra parte, mi verrà detto che in tutti i paesi della campagna del Madagascar (e, spesso anche in città) la maggior parte delle donne non sanno come nascono i bambini, non sanno perché sono in dolce attesa, non sanno nulla di sesso, tutto succede senza sapere il perché.

 

 

 

sulla strada incontreremo altri raccoglitori di tuberi

 

 

Ed un taxi brousse, il caratteristico autobus locale, ora vuoto, ma che partirà solo quando sarà carico all’inverosimile.

 

 

 

 

Ad Ambokatra, 90 km (un paio d’ore) da Tulear  e 12 km da Salary (con però molta pista sabbiosa), l’hotel Manga Bay lodge è splendidamente inserito nella baia di Anternanangry. L’acqua turchese bacia  la rena bianca. Gestito da un italiano doc, tutto è perfetto, per trascorrere qualche giorno in pace con se stessi e con il mondo. È stata una delle mie soste preferite. Oltre allo spettacolo della natura, troverete buon cibo e silenzio…… « un petit paradis ». 

 

 

Il carismatico Alberto ti accompagna lungo una meravigliosa battigia, fino al villaggio dove si sono stabiliti dei pescatori Vezo per proteggersi dal vento del sud, ad un paio di chilometri.

 

Gli abitanti sono gentili e sorridenti: il pescatore mostra il suo trofeo del giorno, 

 

 

i bambini sguazzano nel mare ridanciani e corrono verso i “vazaha”, sperando in una caramella o un regalo.


 

 


Questa è la vita del villaggio, senza orologio, con la giornata cadenzata dal sole e dalla luna.


 

 

 

 

 


 

 

e si rientra

 

 

l’ennesimo tramonto

 

Ed un risveglio, con una splendida vista dal letto

 

 


La strada verso sud è una delle più suggestive. Tutte le sfumature di verde e di blu del mare, fanno capolino, dietro secchi arbusti e cactus dalle forme più strane, che vivono in una sabbia
bianca che abbaglia.

 

 

Il Grande Sud malgascio è un territorio arido, con dei paesaggi straordinari, perché la vegetazione è particolare.

 

 


Questo è anche una delle zone dove vivono i Bara e i Dahalo: i terribili ladri di zebù. In passato, c’era una tradizione da rispettare. Quando  un uomo si presentava in una famiglia, con la proposta di sposare una ragazza, il padre gli chiedeva : “hai mai rubato uno zebù?”. Solo in caso di risposta positiva, la mano della figlia veniva concessa, perché lui avrebbe dato in sposa la figlia ad un uomo coraggioso. Con il passare del tempo, la tradizione si è trasformata, diventando un vero e proprio atto di banditismo. I Dahalo hanno iniziato a rubare gli zebù perché sono il bene più prezioso delle popolazioni. Armati fino ai denti (alcuni anche con Kalashnikov) attaccano villaggi interi e razziano il bestiame, sterminando paura e morte. Nel 2022, in un villaggio, ci sono stati 32 morti, trucidati per aver cercato di salvare il loro bestiame. Il villaggio è stato attaccato, gli uomini uccisi, le donne violentate e poi è stato appiccato il fuoco, dopo che i banditi sono partiti con la mandria. Uno zebù costa quasi quanto un anno di salario di un agricoltore. Il governo malgascio ha cercato di intervenire in aiuto alla popolazione, ma i ladri di zebù continuano ad essere operativi in molte aree del territorio malgascio e nessuno, dall’ indipendenza ad oggi,  è riuscito a risolvere il problema della sicurezza, contro i ladri di mandrie.
I Dahalo sono temutissimi. I grandi allevatori del sud, che vogliono comprare zebù a basso costo, li assoldano per portare a casa  la mandria comprata. Gli  allevatori vanno al grande mercato di Tana, comprano centinaia di capi, poi tornano al sud in aereo o taxi locali. Saranno i Dahalo, assoldati, a percorrere i 1300 o più chilometri (in circa 45 giorni) con la mandria.

 

 

Avremo molti altri incontri sulla nostra strada

 

A Tulear si ritorna in città. Biciclette, pousse pousse e taxi brousse: il clamore dei clacson fa dimenticare per un attimo la pace dei giorni precedenti.

 

 

e poi banchetti di ogni genere

 

 

 

Chez Alain, è un comodo hotel, centrale,  con una bella piscina, ottimo cibo, ed il miglior Wi-Fi in assoluto, super veloce, per chi, come me, deve caricare le foto o contattare il resto del mondo.

La mattina, lasciamo il nostro autista, che ci raggiungerà domani sera. Noi ci imbarchiamo su un veloce motoscafo che ci porterà ad Anakao, in poco più di un’ora, permettendoci di accorciare il percorso. La strada sarebbe lunghissima:  una giornata e mezza, senza soste…… ecco perché il nostro autista ci raggiungerà domani sera.

Il Long Vezo, si trova a qualche chilometro prima di Anakao, sulla lunghissima spiaggia. I bei bungalow si affacciano sulla spiaggia.  Saranno ancora alcuni giorni di pace e tranquillità, con una super cuoca che ci delizierà con tutti i frutti del mare, da splendidi ravioli ai gamberi (la pasta è molto diversa dalla nostra ma gustosissima, con un sottile retrogusto di zenzero), al pesce alla griglia. I pescatori fanno la spola degli hotel, arrivando con la loro barca direttamente “davanti casa”.

 

 

 

Una splendida gita da Anakao è quella con la piroga a vela, che porta all’isola di Nosy Ve (da non confondere con la molto più famosa “Nosy Be”,  nel nord del paese).

 

 

Patrick e Alain dirigono la vela ed il sibilo del vento è la musica di sottofondo. Nosy Ve è un’isola protetta e si paga un ingresso da riserva naturale. Bellissima, tra sabbie di borotalco e arbusti, dentro i quali riposano splendidi uccelli. Il luogo è anche amato dai birdwatchers, oltre da chi vuole fare snorkelling ed immersioni. 

 

 

 


Dopo un tuffo nell’acqua cristallina e lo snorkelling nella vicina barriera corallina, ci aspetta una semplice grigliata. Purtroppo, prima, mi viene mostrato il pesce appena pescato: mi dispiace pensare che mangerò uno splendido pesce pappagallo, ma qui pescano tutto, e, anche se rifiutassi, comunque loro si cibano di ogni essere che si muove, dalle tartarughe ai pesci coloratissimi. Quando farò la battuta al mio autista (origini francesi) mi risponderà: “pensate che sia più felice un bel pesce colorato in un piccolo acquario di casa, costretto tutta la sua vita a girare in un piccolo spazio?”. In fondo, ha perfettamente ragione.

 

 

 

Anakao è anche un ottimo punto di partenza per l’avvistamento delle balene. Purtroppo la stagione è appena terminata (siamo a metà settembre): normalmente passano in queste acque a luglio ed agosto.

Si riprende la pista verso sud. Lo sterrato è piuttosto scorrevole ed attraversa ancora villaggi poverissimi. Anche oggi incroceremo i carretti trainati da zebù: famiglie intere.

 

 


Sulla strada si vedranno molte tombe: la tradizione dell’etnia Mahafaly vuole che le tombe dei propri cari siano costruite con tutti gli onori. Ecco che, all’improvviso, in mezzo al nulla, si vedono belle costruzioni (francamente più belle delle povere capanne dove vive la gente): sulle tombe spesso vengono messe le corna degli zebù. Questo significa che colui che è passato a miglior vita,  possedeva molti capi di bestiame. Alcune, hanno disegni o sculture che raccontano la vita del defunto. Ecco che appaiono foto di Bruce Lee (ad indicare che il defunto praticava arti marziali)  o camion, o aerei. Inoltre, se situata sulla strada principale, significa che la tomba appartiene ad una famiglia benestante.

 

 


 

 

Il parco nazionale Tsimanampesotse ha un percorso classico di un paio d’ore. Si attraversa una pista sabbiosa in mezzo ad arbusti pungenti (simili a cactus). Questi vengono usati come bussola: il forte vento li piega e così indica il Sud.

Nel parco ci sono alcune particolarità:

. il baobab più vecchio del Madagascar, pur non essendo il più grande. Ecco a voi “la nonna”, così viene chiamato per le sue immense profonde rughe. La vecchia signora pare abbia ben 1600 anni, naturalmente portati benissimo.

 

. Ci sono alcune grotte, nel parco, considerate sacre. Qui vive una specie di pesce endemica: Il pesce cieco è lungo fino a 12 centimetri, ha un aspetto quasi gelatinoso, semi trasparente ed è completamente privo di vista. Secondo la credenza, in queste grotte,  vivono gli Antambahoake, un popolo invisibile. Chi vuole chiedere una grazia, viene qui e sacrifica un animale in questa grotta. La povera capra viene sgozzata e mangiata: i resti sono il sacrificio.



nel parco ci sono alberi endemici, come questo, velenoso

 

Ed altri, molto particolari

. Un po’ più avanti si arriva al grande lago salato, uno dei più grandi del paese. Molte colonie di uccelli svolazzano, tra questi i fenicotteri rosa

 

Per chi non vuole proseguire subito verso sud, a 2km dal parco c’è l’Ambola Beach Hotel, dei  bungalow sulla spiaggia, molto basici : costruzioni in muratura con il tetto in paglia, ma molto economici e proprio sulla spiaggia. Il menu’ del ristorante è semplice e senza scelta, ma ottimo: pesce alla griglia e verdure a colazione e gamberetti freschi in salsa di pomodoro alla sera. La proprietaria, Henriette, è una malgascia doc.

 

 

 

La strada verso il profondo sud prosegue, su una strada sterrata ma ben battuta. Si attraversano villaggi non lontano dalla costa. Una particolarità è che finalmente vedremo un paio di scuole. Alle 8:30 del mattino, davanti ad un piccolo caseggiato in muratura e legno, un centinaio di bambini, si prepara alla lezione. Saluto alla bandiera, breve preghiera e…. Pronti! Avete notato che ci sono molti più maschietti che vanno a scuola di femminucce? 

 

Il piccolo paese di Itampolo, si affaccia sulla costa. L’Hotel Nyna ha una posizione eccezionale: i bungalow si trovano di fronte ad una lunghissima spiaggia bianca, con, a destra le piccole dune che scendono verso la battigia, e,  a sinistra, le barche dei pescatori. Trascorreremo la giornata sull’ immensa spiaggia da sole: transiteranno solo un paio di donne, che vanno al mercato, ed alcuni pescatori.

 

 

per ora vi saluto qui. La mia strada riprende nel profondo sud del Madagascar, tra strade molto sterrate e molto polverose, frequentate principalmente da carretti trainati da zebù. Saranno lunghe giornate di viaggio, ma avremo degli incontri straordinari, soprattutto quello con i lemuri, bellissimi e curiosi.

 

 

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