Sudan del Sud 🇸🇩 Parte 2 (le tribù Lotuko, Lopit, Larim, Didinga)

La strada verso sud diventa una pista di terra sempre piĂą stretta, che attraversa villaggi con capanne ed un numero infinito di bambini.

 

Torit è il territorio dei popoli Lotuko. Dopo circa cinquanta chilometri si arriva a Chalamni, un villaggio abbarbicato su ridenti colline verdi.

I Lotuko (chiamati anche Otuko) hanno costruito i loro villaggi sulle pendici delle montagne per proteggersi e per difendersi.  In passato, altre tribù attaccavano i Lotuko per rapire i bambini da usare come schiavi oppure chiedevano un riscatto in mucche. Un abitante del luogo  (uno dei pochi che parla inglese: anche se la lingua ufficiale del paese è l’inglese, qui, purtroppo, i giovani parlano solo la lingua locale, perché non esistono scuole), mi dice che ogni tanto succede ancora oggi.
In ogni caso, oggi ci sono ancora tribĂą che vengono a rubare le mucche.
Ma la vera tragedia è che anche qui l’unico discorso verte sul numero dei figli. Più una famiglia ha figli, più ha prestigio. E molti sperano di avere figlie femmine, perché porteranno a casa la dote in mucche, che permetterà al padre di comprare un’altra moglie e mettere al mondo altri figli: sembra una terribile gara dove vince chi ne ha di più. Apro una parentesi proprio su questo perché ho approfondito il tema, in tutti i villaggi, con molte persone.

Peter (orgoglioso del suo nome: “mi chiamo come il più famoso Apostolo di Gesù), si definisce un fervente cattolico. Quando parla, ringrazia spesso Dio  e bacia il crocifisso che ha al collo. La domenica, nel villaggio, quando non c’è un prete per la funzione, è lui che celebra la messa.

Quando gli chiedo perché fanno così tanti figli mi  risponde. “Siamo obbligati ad avere molti figli perché tanti moriranno per mancanza di cibo o malattie”. Quando gli dico “hai mai pensato che se una famiglia ha pochi figli, magari riesce a nutrirli e curarli meglio e quindi non moriranno ?”. Risposta: “nella nostra società più hai figli, più hai rispetto e prestigio”. Quindi avete molte mogli per avere molti figli? “Si, e anche perché alcune muoiono dopo molti parti”. Certo, per noi è difficile accettare una società che considera le donne esclusivamente come fattrici.

L’altro argomento di discussione sarà sui fucili. Tutti gli uomini sono armati. “Se qualcuno ruba le nostre mucche, dobbiamo andare a recuperarle, e l’unico modo è la violenza”. “Ma tu dici di essere un cattolico fervente, quindi non dovresti accettare la violenza”. La sua risposta è disarmante: “se qualcuno mi ruba le mucche, sono pronto ad uccidere, pur di riaverle. Mi servono per comprare un’altra moglie”.

I Lotuko sono circa 80.000 persone (in realtà non viene fatto un censimento da tempo), sparse in 16 villaggi tradizionali e nella città di Torit. Sono pastori di mucche e capre, ma anche coltivatori: sorgo, arachidi, sesamo e patate dolci sono le loro colture principali. Sono cattolici, ma continuano a mantenere le loro credenze  antiche, come quella sugli spiriti degli antenati, da chiamare nel momento del bisogno. Il folklore e le poesie vengono trasmessi verbalmente. Ci sono molte cerimonie: la danza della pioggia all’inizio della coltivazione o quando c’è penuria di acqua e quindi si invoca la fine della carestia. Ogni città ha anche uno stregone.

Nel matrimonio praticano l’esogamia e quindi devono sposarsi al di fuori del proprio clan. Il prezzo per la sposa deve essere pagato al padre della ragazza (in capi di bestiame). Nel passato erano guerrieri, e un uomo non era considerato tale finchĂ© non ne uccideva un altro in battaglia e fino ad allora non poteva sposarsi.

Sempre piĂą spesso, i Lotuko rinunciano alle loro forme tradizionali di abbigliamento e ornamenti per l’abbigliamento occidentale. Ma nel complesso, l’economia, la religione e le abitazioni, rimangono tradizionali, così come il concetto di avere tantissimi figli.

Lasciata l’auto in pianura si continua, a piedi, su un sentiero che sale , ed io arranco, sul terreno scivoloso ed i sassi. 

 

 

I bambini spuntano ovunque, dietro le piante, o escono dalle capanne.

 

La vista dal villaggio sulla pianura sottostante è panoramica

La vita nel villaggio ruota intorno al bestiame e le famiglie hanno il loro terreno recintato


Nel villaggio c’è una donna anziana, che aiuta a risolvere i problemi individuali, una sorta di stregone. Chi ha problemi di salute, o altro, si rivolge a lei, che darà istruzioni su cosa fare per risolverlo, portando tale erba, o sacrificando una capra o altro.

 

 

Qui c’è un giovane che è appena arrivato, per chiedere un consulto.

 

A proposito di armi: la maggior parte degli uomini possiede un fucile, per andare a caccia, ma anche (e soprattutto) per difendersi dagli attacchi tribali.
Tutte le armi sono vietate in Sudan del Sud e quindi queste provengono dal traffico illegale dall’Etiopia, anche se mi dicono che c’è un traffico parallelo da parte dei soldati e poliziotti locali.

 

 

E questa è una semplice danza locale.

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la gente del villaggio si raduna in questo piazzale

 

le donne  (molte in dolce attesa) danzano. I bambini ci assalgono, sfiorandomi le braccia e soprattutto i capelli (in quasi tutte le tribù,  le donne chiederanno alla mia guida se i miei capelli sono veri, poi si metteranno in fila per toccarli e, dopo, inizieranno a parlottare tra di loro).


 

 

Una ragazza si siede su una panchina fatta di tronchi e si lascia fotografare

Quando si alza, sento un gruppo di uomini inveire contro di lei : la mia guida mi dirà che lei non deve permettersi di sedere sulle sedie riservate esclusivamente agli uomini. Dovrò dire che è stata colpa mia, che non sapevo quella zona fosse solo per maschi. Vorrei rispondere ed insultare in modo adeguato, ma non voglio che la ragazza subisca le conseguenze di un branco ignorante.

Lungo la strada incontriamo molti uomini, armati di machete e fucile, molto gentili e sorridenti, quando ci fermiamo. Non parlano inglese, purtroppo , come gran parte della nuova generazione. Chiedo se vanno a caccia. “Si, ma il fucile serve anche e soprattutto a difendersi da eventuali attacchi,  da altri villaggi”. Il bestiame è denaro e quindi, spesso, viene rubato. “I Larim e i Toposa arrivano da lontano per rubare le nostre mucche”.

 

Ripartiamo verso un altro villaggio, di un’altra tribù.


Imehejek è un villaggio dei Lopit che abitano le colline di Lopit nel distretto di Torit. La tribĂą appartiene alla stirpe dei Nilotici orientali che praticano l’agricoltura e l’allevamento del bestiame in modo tradizionale. Sono orgogliosi della loro cultura e praticano riti di iniziazione all’etĂ  adulta. Credono in un dio supremo, ma anche  negli spiriti e hanno  cerimonie sacrificali propiziatorie : le celebrazioni del loro culto sono accompagnate da danze e bevute.

A volte il loro matrimonio inizia con il corteggiamento e poi la ragazza fugge con il fidanzato; quando tornano a casa la dote viene saldata e lei va nella sua nuova casa. Se non si hanno le mucche per pagare tutta la dote, non importa, a patto che la fanciulla rimanga subito incinta: in questo caso, il saldo del debito viene spostato a dopo la nascita del figlio. Mi raccontano di un uomo che è riuscito a saldare il debito dopo otto figli…perché la moglie era perennemente incinta.

 

 

 


Le case dei Lopit sono molto alte. Nella parte inferiore vive la famiglia, o meglio la moglie con i propri figli, il “piano superiore” serve come granaio.

 

Questa è la vista della valle dal villaggio

 

Finalmente vedrò alcuni uomini lavorare. In tutto il viaggio, soprattutto nei villaggi,  saranno veramente pochi i maschi al lavoro. A parte quelli che portano il bestiame al pascolo, e quelli che dicono di andare a caccia, nei villaggi gli uomini saranno all’ombra di un albero, o seduti per terra a mangiare il pasto preparato dalle donne, oppure intenti a fumare e non si lasceranno mai fotografare, anzi borbotteranno alla mia guida frasi di diniego, dicendo di andare a fotografare donne e bambini. Vi chiedete perché? Ebbene, con grande tristezza devo confermare che chi, dall’esterno vede bambini con pance gonfie per la malnutrizione e donne esili, prova un’automatico istinto di aiutare questa povera gente e donare soldi, o altro, che però, purtroppo, finiranno, anche, nelle mani degli uomini.

Qui, invece, due uomini stanno facendo un tappeto intrecciato, che servirĂ  come letto nella capanna di un figlio che sta per sposarsi

 

 

Ed ecco il solito stuolo di bambini, tantissimi, che spuntano come funghi.

 

 


 


Alcune donne anziane hanno ancora scarificazioni sul corpo, simbolo di forte identitĂ .

 

 

 

La danza tipica di questa tribù coinvolge anche uomini,   vestiti da guerrieri pronti a cacciare il nemico

 

 

 


le gonne delle donne sono fatte con pelli di ovino e ricamate con perline, un lavoro certosino.

 

 

 

 

La pista è fangosa, dopo la pioggia. Le uniche due vetture che hanno lasciato il remoto paese  questa mattina prima di noi, sono insabbiate  e non riusciremo ad aiutarli neanche noi. Per questo loro resteranno lì anche alcuni giorni. Noi cercheremo di telefonare (quando ci sarà linea telefonica) alla città più vicina, affinché qualcuno venga a tirarli fuori. Ma ci vorranno almeno un paio di giorni. “Per la gente di qui è normale, risponde la mia guida, loro sono stati fortunati perché noi siamo passati su questa strada. A volte l’attesa di soccorso può essere anche di settimane”.

 

 


 

 

Dopo Kimatong, una strada ancora polverosa, o meglio melmosa, vista la recente pioggia,  porta ai villaggi dei Larim. I Larim erano anche chiamati Boya, ma non amano questo nome. Il loro territorio si trova tra i Monti Didinga, la Valle del Kidepo e i Monti Lopit. Le Boya hills sono suggestive colline,  in parte  rocciose.

Ai piedi delle colline, sorgono i villaggi. I Larim sono allevatori,  ma coltivano anche sorgo e mais. Sono gentili con noi, ma solo perché non siamo sole  ed abbiamo portato regali (questo sarà un altro brutto capitolo). La nostra guida si chiama Angelo, ed è un Larim decisamente anomalo, colto e brillante. Quando si mette il fucile in spalla, mostra tutta la sua fierezza e noi percepiamo quel senso di protezione che ci fa rilassare. Dopo i racconti dei Lopit,  che li temono perché ladri di mucche, avevo un certo timore.

In realtà lo precisa Angelo stesso: “voi pagate per visitare il villaggio e quindi siete ospiti desiderati. E poi non possedete mucche, quindi non dovete aver paura”. Non voglio approfondire il concetto che possediamo denaro con il quale si possono comprare mucche! I Larim  sono animisti e credono profondamente negli spiriti degli antenati. Quando c’è un problema, un rito chiama lo spirito dell’avo, cui viene offerto un sacrificio. Ma la caratteristica più evidente del popolo Larim, sono le donne che, fin dalla tenera età, si fanno fare scarificazioni su tutte le parti del corpo. Per loro sono un simbolo di bellezza, ma anche segno di identità e di grande forza e resistenza fisica: se hanno sopportato il dolore delle scarificazioni, non soffriranno più dolore fisico.


Molte ragazze amano collane, piercing e orecchini, spesso fatti con perline colorate.

 

Nella foto sotto, la capanna che vedete è parte di una famiglia: qui abita una delle tre mogli di  Mike con i suoi cinque figli. Le altre due mogli (con rispettivamente quattro e sei figli) abitano in altre due case vicine, e lui in un’altra, la quarta capanna. Quando chiedo perché, mi viene detto che le mogli vivono sempre in case diverse, perché non vanno d’accordo tra di loro, non c’è mai intesa, anzi c’è una sorta di invidia o rancore. E quando chiedo se i quindici bambini si ritengono fratelli, mi risponde, che forse, non  sanno nemmeno che sono fratelli.

 

Le donne si incontrano  su queste rocce a macinare il grano e il sorgo.

 

 

 

 

E gli uomini? direte voi. Ebbene, a parte i vecchi seduti sotto qualche albero a fumare, non si vedono perché…..i ragazzi portano le mucche al pascolo, mentre gli uomini si ubriacano. Angelo mi dice che è questo il vero problema, che accomuna tutte le tribù. Gli uomini passano il pomeriggio ad ubriacarsi, bevendo l’alcool locale, un intruglio micidiale che li rende spesso violenti. Ecco perché ci sono spesso scontri tribali. Poi Angelo aggiunge: « nessuno lo dice, perché fuori non si deve sapere, soprattutto chi viene qui a portare aiuti. Quando arrivano stranieri, gli ubriachi e violenti, quindi gran parte degli uomini, viene portata lontano, fuori dal villaggio, in modo che si vedano solo donne e bambini, così tutti saranno  pronti ad aiutare, e non sapranno che, alla sera, una parte di quello che è stato dato per aiutare la famiglia, verrà preso dagli uomini, padri e mariti, per comperare alcool o fucili o mucche, per poter prendere  un’altra moglie». Ed, in effetti, alla sera, dalla mia tenda, protetta dall’esterno da guardie armate, sentirò le parole strascicate di uomini ubriachi che vagano per il villaggio.  

Mi renderò conto dopo, quando sarà ora di partire, che anch’io ho contribuito a questa realtà. Ho pagato molti soldi per venire qui, tra permessi, guardie armate e, naturalmente,  soldi per le tribù. Ma volete sapere in realtà tutti i nostri soldi dove sono finiti? La minima parte alle donne e bambini, sotto forma di pacchetti di sale (e qualche granulato da brodo).

Le donne ed i bambini vengono chiamati a raccolta, ed invitati ad una semplice danza collettiva. In realtĂ , si tratta di cantare alcune canzoni e battere le mani a tempo.

 

Alla fine,  la nostra guida procederà con la distribuzione del sale e di granulato per brodo. Le donne litigano tra di loro per un pacchetto di sale, e, quando la distribuzione sarà finita , si inseguiranno urlando per il villaggio.

Come vedete, sopra, una donna cerca di prendere  il pacco di sale.

 

Quando chiedo dov’è il resto del denaro, mi verrà semplicemente detto che è stato dato agli uomini. Le donne non hanno diritti, in questa società: sostanzialmente il tipo di vita che conducono non è diverso da quelli che loro “detestano”, i mussulmani del Sudan del Nord: Devono sposare l’uomo che è stato scelto da altri, devono servirlo tutta la vita, mettere al mondo più figli possibile e non hanno diritto di replica.

Detto questo, l’uomo spererà sempre che la moglie  partorisca una figlia femmina, perché questa, oltre ad occuparsi della famiglia, un giorno, quando, adolescente, troverà marito, gli porterà anche tante belle mucche, per comprare un’altra moglie.

 

Queste sono alcune foto fatte nel villaggio

 


 

 

 

 

 

Ad una cinquantina di chilometri dai Larim (ma ci vorranno tre ore per arrivarci, perchĂ© la pista è fangosa, dopo la pioggia), vivono i Didinga, pastori per inclinazione, ma agricoltori per necessitĂ . Ai piedi delle ridenti colline, i coltivatori di mais, miglio e sorgo, vivono in comunitĂ . Come i loro vicini, i Didinga credono nell’esistenza di un essere supremo e negli spiriti che interagiscono con i vivi. “L’uomo della pioggia”  è una persona molto importante nella comunitĂ , poichĂ© esegue determinati rituali che, secondo loro, possono influenzare i raccolti delle stagioni.
Qui, un’associazione olandese ha costruito un pozzo e, pare, stia concordando un progetto di sviluppo agricolo, che prevede di formare delle persone locali a coltivare le aree agricole, già individuate, in zona. Credo sia proprio questo il modo migliore di aiutare queste popolazioni.

 

 

Ripartiamo, ma sarà una giornata lunga, bloccati nel passaggio da un’auto, che cerca disperatamente di uscire dal terreno fangoso,

 

Ma, dopo la pioggia, torna sempre il sereno

 

Vi lascio e vi aspetto, a breve, per  l’ultima parte (3) del mio intenso viaggio nel Sudan del Sud. Visiteremo un’altra tribù molto interessante , i Toposa: per loro ogni scarificazione e’ un’opera d’arte. Infine, faremo un giro nella capitale.

A presto

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