Guinea Bissau e Guinea (Conakry)

GUINEA BISSAU

La Guinea Bissau è diventata un paese indipendente solo dopo la Rivoluzione dei Garofani avvenuta in Portogallo nell’aprile del 1974.  Bissau è una città ammaccata, una delle capitali più brutte mai viste. Anche le strade del centro sono polverose e piene di buche, incorniciate da liquami ed immondizia. Il cosiddetto centro storico è fatto da un paio di vie dissestate, dietro ad un sordido porto commerciale, dove enormi containers giacciono, vivi o morti, non si sa. Qualche edifico fatiscente, case scrostate con vecchi balconi, ricordo di un’epoca coloniale troppo lontana, scarsa illuminazione pubblica e resti della guerra civile degli anni Novanta ancora visibili sulle facciate dei palazzi del potere. E mucche paciose lungo la strada.

 

Persino l’Ambasciata d’Italia, in una delle arterie principali, è una brutta casa vecchia, con muretti scrostati e giardino pieno di sterpaglie. La bandiera si muove lentamente, come dovesse spirare da un momento all’altro, come tutto quello che la circonda.

Un grande parcheggio per auto vicino alla chiesa centrale: montagnette di sabbia rossa e sacchi di plastica e immondizia.

Si respira un’aria lenta tra le strade semivuote perché i tassisti ed i privati in questi giorni sono in sciopero. Alcuni mesi fa (tutti si lamentano che ci sono troppi poliziotti corrotti che fermano le auto e con scuse di ogni genere si fanno dare soldi) la protesta si era conclusa con un accordo che prevedeva la riduzione del numero di poliziotti, mai attuata!

Non c’è molto di turistico, ma, come ben sapete, io non amo fare turismo classico, quindi è l’occasione per osservare la vita della gente locale (anche perché qui di bianchi non ce ne sono). Il mercato è disordinato, molti banchetti espongono qualche pomodoro poco più grande di una noce, un paio di peperoncini piccanti e, anche qui (come nei paesi precedentemente visitati), un segreto mezzo italiano: Monsignor il Dado Maggi. Nella cucina senegalese-gambiana-guineana, e di tutta l’Africa Occidentale il Dado Maggi è famoso come l’Imam, fa parte di qualsiasi famiglia, è il Re della tavola, anche la più modesta.Lo chiamano “cubo magico”. Chissà se Julius Maggi, avventuriero svizzero di origini italiane, immaginò un tale successo quando nel 1886 esportò in Africa il primo dado da cucina. Negli ultimi 20 anni i cubi magici hanno avuto una diffusione tanto capillare soprattutto grazie al prezzo imbattibile e alla conservazione che non richiede refrigerazione. Il dado Maggi, infatti, è uno dei prodotti più commercializzati e pubblicizzati in Africa occidentale, che trovi ovunque, anche sul banchetto di un mercato nel più sperduto villaggio. Una straordinaria operazione di marketing, tra alcuni dei paesi più poveri del Mondo, con una campagna pubblicitaria fatta di frasi semplici ma di grande impatto: “Maggi convince il marito della buona cucina di sua moglie”, “Maggi ti evita di avere una seconda moglie in casa”, “Con Maggi si preparano i pasti in tempo”, “Maggi, sempre dalla parte delle donne africane”. Inizio una conversazione nel mio portoghese maccheronico con una ragazza, facendo finta di non conoscere il prodotto. Mi dice: “è il segreto per dare gusto a tutti i cibi. Se prepari un pranzo con Maggi (loro lo chiamano Magghi), tuo marito sarà contento. E anche la tua famiglia. Tutto è buono con Magghi!”.

Interessanti  da vedere in città sono il Palazzo Presidenziale (con l’Albero di Natale appena allestito), ed una base militare in pieno centro storico che controlla il vecchio porto, con cannoni puntati verso l’orizzonte.

Ma Bissau è anche la porta verso uno degli ultimi paradisi naturali quasi intatti, le isole Bijiagos, un gruppo di 88 isolette di cui più di tre quarti disabitate ed alcune con un solo villaggio al centro, lontano dal mare, incorniciate da lagune d’acqua salata e strisce di sabbia immacolata. 

Nei villaggi vige il matriarcato e le tradizioni sono conservate gelosamente,come, ad esempio, il rito che segna il passaggio all’età adulta che porta i giovani maschi lontano dal villaggio e dalle donne per sette lunghi anni.

Un paradiso naturalistico protetto, a parole, dall’Unesco, ma in realtà da  maree repentine e banchi di sabbia che possono diventare un’insidia letale. 

La gita fuori porta è cara, se non avete tempo di aspettare l’unico traghetto che fa la spola, con partenza il venerdì e rientro la domenica, I ragazzi delle barche trattano il prezzo a benzina…..il ritorno sarà più caro perché la benzina va comprata sull’isola. Per raggiungere Orango Grande, l’isola maggiore, occorre prendere la barca a circa 35 km da Bissau e, se il vento è favorevole, navigare per oltre tre ore e mezzo. Dopodiché appare il piccolo paradiso……una spiaggia di sabbia bianca finissima con un sentiero fatto di deliziose conchiglie bianche che portano all’hotel, immerso in mezzo a palme e mangrovie, circondati da cinguettii di uccelli.

 

Ma la chicca di Orango è un’altra: i rangers si scambiano informazioni…..dobbiamo risalire sulla barca e fare un’altra mezz’ora. Alle tredici, sotto un sole e trentatré gradi, ci attende un’ora di cammino, tra sabbia, piccoli arbusti e  alte strerpaglie.

 

Ed eccolo finalmente, tra il silenzio, uno strano rumore scomposto, quasi come una scossa sotto i piedi. La melmosa piscina naturale è invasa da decine di ippopotami d’acqua salata, sornioni come gatti, completamente distesi nell’acqua per difendersi dai feroci raggi dell’ora di punta. Uccelli bianchi si divertono a scacciare le mosche dai  loro immensi nasi e loro sbuffano, ogni tanto, quello sbuffo così potente che ci fa sussultare, perché pare sia proprio lui una delle bestiole più pericolose del mondo. Sono brutti, grassi, con un colore che sa di melma, e quegli occhi bovini su un viso che sembra un enorme rospo, e quel modo di muoversi così sgraziato, eppure sono così affascinanti. Purtroppo il tempo è poco: solo 20 minuti, poi si rientra all’hotel, dove un meritato pesce in padella ci attende. 

 

Nelle isole la vita trascorre placida, scandita dalla natura:  le maree, il sole caldissimo e la pioggia, loro, solo loro, dettano legge,  meglio di uno sceriffo su questo luogo. In particolare le maree, che noi abbiamo provato, con il rischio d’incagliarci in banchi di sabbia impercettibili ai miei occhi ma non alle pupille nere di Hassan.

Per i turisti attirati da uno dei mari più pescosi al mondo, i resort specializzati in pesca sportiva gestiti da europei, offrono un piccolo aeroporto privato, esclusivo per i loro clienti. Ma la zona sta diventando tristemente famosa per ben altri motivi.  Pecunia non olet, dicevano i latini: il denaro non puzza. Figuriamoci la cocaina. Secondo indagini  antidroga, ogni settimana passano da Bissau parecchie tonnellate di polvere bianca, in mezzo a riso, benzina o altre derrate d’importazione. Un giro d’affari che supera i 200 milioni di dollari l’anno (più dell’intero Pil nazionale). Ed ecco che sbucano cellule terroristiche e mafie internazionali. 

La Guinea-Bissau, un paese più piccolo della Svizzera, con appena un milione e mezzo di abitanti, è diventata il nuovo centro smistamento mondiale dei narcotrafficanti sudamericani che qui fanno transitare indisturbati i loro carichi milionari destinati al florido mercato europeo. La nazione è debole, senza controlli, lunghe guerre civili hanno messo il paese in ginocchio. 

La strada che porta verso il confine interno (circa 240 km) attraversa villaggi e strade asfaltate con buche che all’improvviso diventano terra rossa. E villaggi, tanti, con gente che saluta e grandi sorrisi.  

Nelle vie principali pullulano i commerci: i negozi  di arredamento, l’ultima collezione “Poltrone & Sofà”, l’impresa di pompe funebri, il meccanico (con “ponte manuale” per controllare la parte inferiore della vettura), il falegname, il venditore di legna da ardere, il negozio di pentole.

 

 

GUINEA (Conakry)

Entrando in Guinea (Conakry), per il controllo passaporti veniamo invitati in una capanna rotonda di paglia: un poliziotto detta e l’altro annota,  su un vecchio quaderno, i nostri dati. 

La strada dalla frontiera è un percorso completamente sterrato con buche e voragini…. la velocità media è di 5-10 km/ora. La prima cittadina è a 40km, il solito caos intorno ad un mercato povero di derrate ma pieno di bambini e donne, tra la polvere che si alza al passaggio dei rottami rombanti carichi all’inverosimile. I mercati sono veri: banchetti con montagne di abiti usati per bambini,  tessuti coloratissimi che diventeranno abiti da avvolgere i  corpi sinuosi delle donne, t-shirt Made in china con le foto dei calciatori più famosi del mondo, CR7 e Messi, idoli di adolescenti e giovani uomini. 

Più avanti la strada diventa asfalto dandoci l’illusione che i restanti 500km scorreranno veloci. Gli incontri sono gli stessi: uomini su biciclette cariche attenti a mantenere quell’equilibrio costante su strade non generose, auto strapiene, con persone che stanno sedute sul tetto in mezzo a pacchi di ogni genere.

 

 

Purtroppo ci vorranno 2 giorni e mezzo per arrivare a Labé, “ridente” cittadina da cui partono trekking verso le “montagne della Guinea”, l’altipiano del Fouta Djalon, la cui vetta più alta raggiunge i 1500 metri di altitudine.

 

 

Da Labè a Conakry ci sono 400km tra colline e  tornanti ….ogni tanto si incrociano camion o auto intente al cambio gomma bucata e capiterà anche a noi….. uno squarcio sullo sterrato. 

E piccoli villaggi, con i bambini attorno al fuoco nelle prime ore del mattino

 

La Guinea è stata dichiarata libera dal virus ebola nella seconda metà del 2016, ma oggi si lecca ancora le ferite. In questo Paese di 13milioni di abitanti, il 47% della popolazione vive sotto la soglia di povertà (178° su 187 Paesi). La mortalità infantile (prima dei 5 anni) è molto alta (130/1.000) e l’analfabetismo ha percentuali importanti arrivando quasi al 70%. Mentre l’accesso all’acqua potabile raggiunge quasi l’80% della popolazione, quello ai servizi sanitari riguarda solo il 20. Come in molti Paesi africani, si tratta di una condizione sociale che può aiutare la nascita di conflitti violenti anche se questo Paese ha in realtà grandi ricchezze nel sottosuolo, dalla bauxite (possiede le più grandi miniere del pianeta) a oro, diamanti, uranio.

Conakry si presenta come una tipica città africana, il traffico è isterico, sembra di attraversare una metropoli anche se in realtà gli abitanti sono meno di due milioni. È disordinata e trafficata, ma soprattutto sporca, una discarica a cielo aperto. Nulla sembra razionale, anche se le sue strade sono costruite secondo la pianta romana, dunque perpendicolari tra loro.

Passeggiando  in città occorre fare attenzione a dove si cammina, con il rischio di finire tra liquami o buche e venditori che si muovono con la loro poca merce in testa, in mano, o su piccoli carretti sgangherati. Cerchiamo un cambio, dopo aver fatto almeno 4 banche e aver prelevato circa 20 euro (massimo concesso),  finalmente ci indicano una banca, di fronte un bel numero di guardie ci controlla e ci fa entrare. Ufficio “grandi versamenti”. Ci mettiamo in attesa allo sportello. Arriva lei, di colore, elegante nel suo tailleur pantalone nero di foggia europea, con una guardia ed un paio di grossi cartoni con scritto: “Prodotti per la pulizia della casa”. Li apre ed estrae grandi mazzette…..firma il deposito di 40.000€ e se ne va, lasciando solo la scia di J’adore de Dior dietro di se’, in un paese dove lo stipendio medio mensile è inferiore a 500dollari

A Conakry, se sentite all’improvviso nostalgia di casa e di cose belle, c’è una spettacolare pasticceria francese. Le Damier è un ristorante, pasticceria, cioccolateria, in centro, un gioiello per gli occhi e la gola. Tutto è buono, qui, dal classico croque-monsieur alla quiche Lorraine, dai croissant di prosciutto, alle tortine di frutta fino ai cioccolatini raffinati. I sensi sorridono.

Ogni mattina, tra le 10:00 e le 14:00, c’è un posto straordinario tra le disperate e caotiche vie della città. Andate allo Stadio Dixinn, attraversate la prima zona dove bambini si destreggiano tra cross e palleggi e proseguite, fino a quando una musica dinamica dai colori d’Africa vi farà arrivare davanti ad un capannone. Un rullo di tamburi, una musica po’ tanto contemporanea quanto tradizionale, annuncia uno dei posti più sorprendenti di Conakry. Il centro è stato fondato nel 1998 e ospita bambini di strada e giovani che avranno la possibilità di sperimentare acrobazie e contorsionismi, e far parte di questa straordinaria famiglia che li accoglie e offre loro un futuro. In quelle ore i ragazzi si allenano e sono felici di esibirsi davanti a spettatori di passaggio. Corrono ad accoglierci, invitandoci a sederci su delle semplici panchine di legno un po’ datate.  L’agilita’ e l’entusiasmo dei giovani performers rendono la mattinata magica. Ed i sorrisi sereni di questi ragazzi che hanno avuto la loro rivincita su un’infanzia troppo cruda e difficile, riempiono di gioia.

È ora di avviarsi verso il porto. In attesa di imbarcarsi sul traghetto che (tre volte al giorno, alle 7, alle 14 ed alle 17) ci porterà in poco più di venti minuti sull’isola di Kassa (da notare il prezzo, mezzo euro a persona), passiamo tra l’immondizia che purtroppo invade strade e spiagge, per arrivare ad una sosta gastronomica carina. Il ristorante Obama è su una palafitta di legno e paglia,  sul mare. Sarebbe spettacolare, se la vista sulla riva non fosse di bambini e ragazzi a piedi nudi che giocano a pallone in mezzo a sabbia lercia e plastica e quant’altro. Il cibo è buono, ottimo rapporto qualità prezzo per piatti ricchi di scampi o pesce, con contorni di verdure e patate e riso.

 

Il traghetto per Kassa richiede una certa agilità: per accedere si fanno un paio di acrobazie che mettono a dura prova tutti, soprattutto quelle povere donne che si trascinano sulle spalle il pargoletto.

All’arrivo sull’isola di Kassa motorette attendono impazienti i pochi turisti. Sull’isola (meno di 9 km di lunghezza per uno di larghezza) non ci sono auto. Il ragazzo ci carica in due su un motorino dal sellino lungo. Malgrado la vicinanza alla terraferma l’isola è assolutamente autentica. Alcune bellissime spiagge (da segnalare Soro, spiaggia dorata all’estremità Nord e Kounki, dove sorge anche un semplice ed economico, ma molto curato  hotel, fatto di bungalow su una sabbia rossa) ed, in mezzo, villaggi che non sono ancora stati contaminati dal turismo di massa. Le donne trasportano l’acqua a casa, e cucinano nel cortile, i bambini si lavano nella strada, nella cooperativa di sarti si lavora. Straordinario! Sembra un’oasi di pace, anche se quando attraversiamo l’isola non mancano, anche qui, le collinette di immondizia che fanno male al cuore.

 

 

Conakry di notte è un luna Park ad intermittenza. Nelle polverose strade buie la festa impazza, tra musica assordante che esce da vecchie casse stonate o da impianti di ultima generazione, migliaia di ombre si muovono tra il fumo dei barbecue improvvisati tra i banchetti dello street food e odore di shisha. Il ritmo incalza tra braccia sudate e odori acri e le poche luci non svelano il mistero di questo mondo che non si ferma e che fa anche paura. Scivoliamo silenti in questo troppo buio, sperando di non essere visti o in una luce improvvisa, finché non vediamo un taxi sderenato e ci precipitiamo dentro. Dai finestrini che non si chiudono e luci quasi assenti corrono chilometri e chilometri di buio, e musica a tutto volume, e ombre sudate e odori di fumo e traffico, tutto uguale, tra clacson e ritmi. La notte sembra non finire, l’Africa vera, roboante, buia, misteriosa, impenetrabile è lì…..e l’alba può attendere.

 

4 risposte

  1. Again, very enjoyable to read .Thank you for sharing it and look forward to more .
    Oh ,and Happy New Year 🎊!!!!!!

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