Socotra

 

“Vuoi vedere uno dei posti più strani al mondo? vai a Socotra”.

Ed eccomi qui, in quello che è identificato come uno degli ultimi paradisi dell’eco turismo, un gioiello della biodiversità terrestre e marina, quel luogo dove le montagne baciano il mare, le gole profonde dei canyon scivolano negli altopiani di rocce calcaree e le spiagge con dune di sabbia bianca e lagune di mare turchese sono incontaminate. E poi appaiono alberi alieni e cime coperte da nuvole di panna. 

Provate a pensare ad un luogo dove Avatar incontra Jurassic Park. Benvenuti a Socotra, l’isola misteriosa, il libro di fiabe della nonna: “c’era una volta l’isola dei sogni”.
Prima di tutto per la posizione, in mezzo a quel mare Arabico, con vista sulla Somalia e Yemen (di cui fa parte), poi perché è così diversa dal paese a cui appartiene. Purtroppo non sono ancora stata nello Yemen continentale, ma ho parecchi amici che hanno attraversato entrambi i luoghi e mi assicurano che sono due mondi paralleli, ma disuguali. 

Per andare a Socotra è tutto piuttosto complicato. Esiste solo più un volo internazionale diretto a settimana (il lunedì da Abu Dhabi, prima ce n’era anche uno il mercoledì da Il Cairo, che forse verrà riattivato): il volo è un charter umanitario, che opera da inizio ottobre a metà maggio. L’obiettivo è di portare aiuti umanitari sull’isola, anche se di fatto vengono autorizzati massimo 90 turisti a settimana. I voli non possono essere prenotati direttamente. Il costo del biglietto è di circa 850 USD da Abu Dhabi, il volo dura dura circa 2h e sorvola gli Emirati Arabi, l’Oman ed il Mar Arabico, evitando lo spazio aereo yemenita. Cancellazioni, ritardi o cambiamenti di orari sono frequenti, quindi coloro che intraprendono quest’avventura devono considerare l’ipotesi di trascorrere anche 2 settimane sull’isola. Il volo successivo al mio, in effetti, è stato annullato all’ultimo minuto. Se devo essere sincera, avrei sperato anche il mio, e, leggendo il mio racconto, alla fine, capirete perché.
Occorre appoggiarsi ad un’agenzia locale che provvederà alla prenotazione dei voli, del visto e del tour organizzato dell’isola.

Per i puristi del viaggio, coloro che vogliono tassativamente il “fai da te” confermo che, certo, si può prendere solo il volo, ma sappiate che:

a Socotra non ci sono taxi, a Socotra non si affittano auto, e non esistono autobus che portino fuori città. A parte Hadibu (la, decisamente brutta, capitale), non esistono hotel, guesthouse, campeggi, ne’ ristoranti, ne’ negozi (l’unico cibo disponibile è il pesce dei pescatori). Dimenticavo, non c’è elettricità (a parte nella capitale, dove fino a pochi anni fa era solo 4 ore al giorno, mentre oggi H24), e in gran parte dell’isola nessuna copertura internet. Praticamente girare l’isola da soli è decisamente difficile, a meno che non vogliate portarvi la bicicletta e scorte a gogo.
Sono stata molto fortunata: ho avuto l’onore di fare il viaggio con un amico francese che non solo ha fatto ben tre volte il giro del mondo, ma è il più grande viaggiatore e divulgatore che conosca, ed e’stato come leggere un meraviglioso libro al giorno. 

Socotra è la più importante isola di un arcipelago di quattro isolette, dette anche le Galapagos dell’Oceano Indiano, 3.600 km quadrati (all’incirca come Maiorca nelle Baleari, poco più della Valle d’Aosta ), nel Mar Arabico, dolcemente sperduta al largo del Corno d’Africa. Geograficamente fa parte del continente africano, ma appartiene politicamente allo Yemen. Dal 2018 gli Emirati Arabi controllano di fatto militarmente ed economicamente Socotra, fornendo aiuti sanitari ed alimentari, carburante ed energia elettrica H24. Socotra  non ha solo un potenziale turistico immenso, ma è anche un luogo strategico per controllare i flussi commerciali dal Golfo di Aden da e per il Mar Rosso.

Quasi centomila  abitanti, interamente mussulmani, la maggior parte pescatori di origini africana, o allevatori negli altopiani, con quell’atteggiamento tipico dell’isolano, carattere duro ed ospitale. La lingua è il “Socotri” un idioma semitico pre-islamico, solo verbale, che, come dice orgogliosamente la mia guida, Mahdi, è parlato solo qui.

 

Come ho già detto, la posizione di Socotra è un vero fulcro geopolitico, trovandosi a circa 200km dalla regione più a nord della Somalia, la famosa area della pirateria che infestava fino a poco fa l’oceano indiano, e a 400 km dalla costa dello Yemen e le sue guerre che lo hanno messo al centro della terribile competizione tra Iran e le monarchie sunnite del Golfo. Da qui passano ogni giorno oltre 6 milioni di barili di petrolio, ed il 12% del commercio globale con migliaia di navi cargo.

Un luogo sperduto dal passato turbolento: nel 1507 venne annessa al Portogallo per poi passare, solo 4 anni dopo, sotto il controllo degli Imam di Mascate. Nel 1834  passò sotto il controllo britannico. Infine con l’indipendenza dello Yemen, l’isola entrò a far parte del paese nel 1990. Quando scoppiò l’ennesima guerra nello Yemen, nel 2015, Socotra è passata sotto il governo del Southern Transitional Council (STC). 

Oggi il 90% del territorio è un’area protetta, con oltre duecento specie di uccelli e novecento specie di piante (la maggior parte endemiche): un paradiso per biologi, naturalisti, botanici ed antropologi.

 

 

Atterrati nel piccolo aeroporto Internazionale, si entra in una stanza  dove c’è un  bancone con dietro due ragazzi. Nessuna fila ordinata, tutti che si precipitano e spingono e cercano di allungare il passaporto ai due giovani che devono controllare visto e documenti e mettere il timbro d’entrata. Gran vociare in arabo, ed in Socotri, e mani allungate: sembra di essere in un bazar nell’ora di punta. Dopo un’inutile attesa di oltre venti minuti, decido di buttarmi nella mischia, supero una decina di persone, tra strattoni e spinte, vado dietro al bancone ed allungo i passaporti mio e del mio compagno di viaggio urlando in un arabo letterale tradotto da Google “ora tocca a noi”. Il ragazzo risponde: “ok, Ok, I will help you “. Prende il foglio del visto e, senza controllare i miei dati, apre una pagina a caso del mio passaporto e mette il timbro d’ingresso esattamente sul mio visto del Vietnam.

“Welcome to Socotra”. Mi giro e vedo alcuni stranieri ancora lontani, che aspettano in un’inutile coda. Purtroppo a volte bisogna adattarsi al costume locale, “politically incorrect”.

 

 

 

Hadibu è la città principale, che possiede gli unici hotel dell’isola, quattro  strutture semplici, senza fronzoli, per accogliere quel viaggiatore rispettoso di un paese che  vuole ancora mantenere quella parola che suona come “eco-turismo”. Ed uno appena costruito, vicino all’aeroporto. Nel resto dell’isola, i campeggi (principalmente liberi, senza strutture) sono l’unico alloggiamento disponibile. Il viaggio è fatto con un autista ed una guida che provvedono a tutto: dal montare le tende alla preparazione del cibo, un’immersione totale nella bellezza selvaggia dell’isola. Si mangerà pesce (o pollo) e riso quasi tutti i giorni. I vegetariani dovranno accontentarsi di riso e mele o arance (a volte banane). Non preoccupatevi se vi sembra (anzi è ) tutto spartano, in realtà sara’ come passeggiare nell’Eden e sarà tutto fantasticamente reale. Prima di partire per il giro dell’isola vi segnalo che, poiché il Socotri è una lingua non scritta, troverete i nomi dei luoghi scritti in modo diverso: così il nome della capitale sarà Hadibo o Hadibu, o ancora Hadiboh, a seconda di chi traslittera.
L’Hotel Arab Sea Tourist ha un regolamento ben chiaro all’ingresso: tra i vari punti sottolineo il fatto che le coppie devono mostrare il contratto matrimoniale e che i fucili devono essere depositati alla reception, è proibito portarli in camera.

 

 

 

In città, le tozze case di pietra, portano i  segni di un abusivismo e di eventi  atmosferici avversi, ma basta allontanarsi di pochi chilometri per lasciarsi avvolgere da una natura prorompente e generosa. Socotra è la decima isola più ricca al mondo per varietà della flora. Di giorno polverosa e rumorosa, attraversata anche da vecchi màcinini con motori asmatici che tossiscono regolarmente, la sera Hadibou  si ferma con il canto del Muezzin. 

Hadibou è veramente brutta, e tragicamente piena di immondizia. Nel centro le capre infilano il loro naso tra le lattine di aranciata e bottiglie di plastica, alla ricerca di cibo. È orrendo vedere i ragazzi gettare per terra la bottiglietta d’acqua vuota, ma il mio sguardo iniettato di sangue non viene neppure capito.

 

persino davanti alle case più belle ci sono cumuli di immondizia

 

 

 

Nelle strade del centro la vita corre lenta, tra i negozi ed il mercato e qualche ristorante

I venditori di spezie

il farmacista

il panettiere


il calzolaio

 

Altro venditore di spezie, che mastica foglie di khat, la droga locale: le foglie di questa pianta contengono un alcaloide che ha un’azione stimolante e, crea dipendenza, se viene masticata regolarmente.

 

 

 

Felice di lasciare la città, che, a parte alcune persone molto gentili, sorridenti e disponibili, è davvero orrenda. Ma state tranquilli, vi assicuro che Hadibu è l’unico posto brutto di Socotra.

È ora di partire  per quei 130 km di lunghezza e 35 km di larghezza fatti di paesaggi surreali.

 

Homhil è un’area protetta a nord-est. Oltre alle fotogeniche piante che si incontrano, dopo un trekking di circa un’ora, si raggiunge una bella piscina naturale di acqua cristallina, che permette un bagno idilliaco. E poi appaiono loro: gli alberi dell’incenso, purtroppo in fase “ vulnerabile”perché molto sfruttati dalla popolazione locale. Sulla strada che sale verso la collina si incontrano anche gli stranissimi alberi del cetriolo.

Eccolo,  il tesoro di Socotra, che, a differenza di tutti gli altri paradisi, non va ricercato sottosuolo. Oltre  900 specie diverse di piante crescono in questo ecosistema,  di queste 307 sono originarie dell’isola. Dalla resina della Boswellia socotrana veniva ricavato il prezioso franchincenso di Socotra, il “vero incenso”, che aveva un valore pari  a quello dell’oro. Così come la mirra, molto richiesta nei bazar del Mediterraneo, era estratta dalla resina di una pianta endemica dell’isola.

Tra le piante più bizzarre, dalle forme aliene,  ci sono:

L’albero del drago di Socotra  (Dracaena Cinnabari) una meraviglia della natura. Il nome deriva dal fatto che, incidendo il tronco, fuoriesce un liquido rosso; ed iniziamo a dar voce alle credenze popolari: per alcuni questo sarebbe il sangue di drago versato durante un cruento combattimento tra un drago ed un elefante. Ma la particolarità di questo albero è soprattutto la sua forma ad ombrello rovesciato.

E poi l’Adenium Obesium o Rosa del deserto, un buffo, enorme bonsai. E ancora l’albero del cetriolo, anzi l’unica cucurbitacea in forma d’albero, e quello del melograno di Socotra.

Dal 2008 l’isola di Socotra è Patrimonio dell’Umanita’ dell’Unesco.

A proposito della Dracena Cinnabari, la sua resina rossa è portentosa: usata sia per laccare gli strumenti musicali, che per tingere i mobili, ma anche per curare ferite, infezioni varie (respiratorie e gastro-intestinali), e pure per preparare cerimonie vodoo.



 

 

Non lontano da Hadibou,  la magnifica Spiaggia di Delisha ha dune che sembrano colline, modellate da quel vento dispettoso che le rende irriconoscibili ogni giorno. Sembra poetico, ma in realtà la bella duna è formata dai monsoni estivi che soffiano rabbiosi e sputano la rena contro il monte retrostante. Un paesaggio surreale, nei pressi del promontorio di Ras Hawlaf, dove la sabbia accumulata ha creato una duna di oltre 200 metri. E poi curiose buche nella bianca sabbia lasciano intravedere i granchi che corrono, giocando a nascondino, da un posto all’altro, senza lasciarsi fotografare.

Un relitto, un grande mercantile mozambicano arenatosi durante una mareggiata, giace solitario davanti ad un villaggio


 

La magia riappare con le spiagge di borotalco.  Archer Beach è la cartolina,un romantico luogo con le onde del mare che si infrangono delicate su quella rena color madreperla,  che diventa quasi farina quando sale verso il promontorio. La notte, dentro la tenda, il vento soffia lieve, quasi una delicata ninnananna che parla di libertà.

Gli avvoltoi egiziani girano intorno, pigri e un po’paurosi, quasi belli, quando il vento alza la loro gialla criniera.

 


 

La litoranea continua. Irisil è la punta estrema orientale dell’isola. Sulla strada si trova un piccolo porto con le barche dei pescatori e, sulla sabbia , i resti dei pesci: lische, teste, pelle di razze ed un grande carapace di tartaruga. Mahdi mi dice che il brodo di tartaruga è una delizia. Lo so, ma so anche che è un animale in estinzione. Difficile spiegare che la salvaguardia di un animale è importante, a chi trascorre sei mesi all’anno in isolamento. Nei mesi di marzo ed aprile le famiglie (non certo benestanti) devono provvedere alle scorte: il pesce sarà essiccato ed il riso diviso in pacchi. La stagione “del vento” non permette una vita normale. Per mesi (da maggio a oltre settembre) le giornate si passeranno in famiglia, chiusi nella propria dimora, e saranno pochi quelli che oseranno affrontare le violente tempeste di sabbia. Mahdi dice che nessun turbante ripara dalla sabbia sollevata dal vento, che punge come un ago.


 

 

i paesaggi sono meravigliosi, un quadro di naturale bellezza, da togliere il fiato.

 

 

L’interno dell’isola è un altro paradiso: il clima di Socotra è imprevedibile. Durante la stagione dei monsoni, gli scrosci d’acqua diventano così violenti e distruttivi al punto di creare Wadi (canyon) che cambiano ogni anno. Incastonati tra profonde pareti  calcaree, i canyon sono anche fonte di ricchezza perché l’acqua nutre gli orti degli sparuti villaggi in pietra dai quali escono branchi di pecore.


 

 

 

 

Kalsen canyon è una perla. Il trekking è meraviglioso, tra alberi in fioritura e paesaggi di un delicato verde, fino a valle, quando, all’improvviso, si aprono meravigliose piscine naturali di un verde smeraldo, incastonate tra rocce calcaree di un bianco che abbaglia. Il bagno nelle acque fresche è un sollievo  per il corpo e per la mente. Ho avuto la fortuna di fare questo trekking da sola, con una guida , ed ho veramente apprezzato questo angolo di bellezza incontaminata.

sulla strada del ritorno, alcune caverne incastonate nella roccia: in una, impressionanti resti umani, ossa e parti di cranio.

 

e si riprende la via verso le spiagge, attraverso morbide colline di un verde surreale.

 

 

 

 

Ed ecco la meravigliosa spiaggia dei coralli. Dihamari ha delle rosse formazioni rocciose che si appoggiano su quel mare che si scaglia su milioni di coralli. La riserva marina di DiHamari è un paradiso  per gli amanti dello snorkeling

 

 

 

 

E poi arriva lui, il nostro Mahdi, che ci mostra con orgoglio un’anteprima della cena: aragoste appena pescate dal suo amico.

 

 

non c’è bisogno di chiudere gli occhi: il sogno è la’. Anche questa notte saremo cullati dalle onde del mare.

Arriviamo a Dixan Plateau, un altro luogo che sembra uscito  dall’immaginazione, così fuori dal nostro mondo. La foresta degli alberi del Sangue del Drago appare all’improvviso. Alberi a forma di ombrello decisamente fotogenici. La sua resina (dentro la corteccia) è rosso sangue, ed era anche usata sia in medicina che dai pittori del rinascimento come pigmento.

 


 

L’aria è frizzante sull’altopiano, ed io riesco finalmente ad incontrare alcune donne. Ho espresso al capo villaggio, un carismatico playboy (dichiara di avere sposato “anche” una bionda svedese, nel senso che è in aggiunta ad altre mogli locali: ora lei è tornata in Europa), il mio desiderio  di fare due chiacchiere con qualche donna e lui mi fa detto: “nessun problema, domattina incontrerai alcune donne della mia famiglia, ma, mi raccomando, nessuna foto”. Contentissima (finalmente potrò sapere qualcosa che mi tormenta da sempre!), al mattino vengo accompagnata da due figli (maschi) in casa, e mi viene indicato un angolo dove accovacciarmi, sul tappeto. I maschi incrociano le gambe nei due angoli della camera e,dopo poco tempo, arrivano due ragazze con datteri freschi e the e si siedono davanti a me. Pochi minuti ed arriva lei, una delle mogli e mamma. Ho imparato alcune frasi in Socotri e noto con piacere che apprezzano, si crea subito un’atmosfera di sorrisi, anche perché solo la ragazza più giovane parla inglese. Mi presento, lei inizia a tradurre, ma, dopo pochi attimi, si fa avanti uno dei maschietti e prende il posto della sorella. A questo punto capisco che la mia missione resterà totalmente incompiuta. Gli uomini restano lì, non solo ad ascoltare. Impossibile chiedere segreti tra donne: non solo c’è la barriera linguistica, ma tutto è comunque filtrato da un maschio. E così decido di lasciar perdere e chiedo se loro hanno domande per me. Ecco che mi devo inventare un po’ di figli: chissà cosa penserebbero se dicessi la verità, cioè che io, di figli, non ne ho nemmeno uno, soprattutto in una società dove ogni donna partorisce almeno 7 figli vivi (mi hanno riferito che molte gravidanze non vengono portate a termine per problemi naturali).  E non mi resta che colmare le mie “lacune famigliari”, cercando di spostare l’argomento su uno più facile. Naturalmente parlerò del cibo italiano e del loro ottimo pane e straordinario pesce. Insomma, una banale conversazione di poco interesse. Peccato!

 

Eccolo, il carismatico Re del quartiere, che ci ha accolti nella sua tenda offrendoci il tè e, naturalmente, le foglie di khat, che non abbiamo potuto rifiutare.

 

 

Lungo la strada si incrociano camioncini carichi di persone ammassate e qualche donna che fa l’autostop: non ci sono autobus che collegano i villaggi alla città. Ho chiesto al nostro autista di fermarsi e caricare una signora dalla mano rugosa, che si è silenziosamente seduta di fronte e non ha mai detto una parola, tranne far segno al nostro guidatore, quando doveva scendere.

Socotra è un paradiso e, come tale, una riserva di sorprese. Le dune di sabbia di Zahek riportano ad un mondo alieno.  Perfette, meravigliosamente disegnate, un colpo d’occhio magico. Provate a correre su quella fine sabbia che si solleva lievemente come una nuvola passeggera e sentirete un immenso senso di libertà’

 

 

E si prosegue su quella strada che porta verso la seconda città di Socotra, Qalansiyah.

 

Alcuni carri armati arrugginiti guardano malinconici quel meraviglioso mare. Non sono riuscita a capire se si tratta di Soviet (come pensa la maggior parte della gente), o se, in realtà, appartenevano all’esercito dello Yemen, anche perché non è mai esistita una base sovietica sull’isola.


Qalansiyah è un altro luogo straordinario. La città in se è bruttina, con le solite case di mattoni grigi e le porte colorate. Ma ci sono alcune cose veramente speciali in questa città: innanzitutto il meraviglioso mercato del pesce, con i ragazzi orgogliosi di mostrare le loro prede quotidiane.

 



 

 

 

 

 

 

 

 


La barca del pescatore prende il largo per attraversare una parte dell’isola (difficilmente raggiungibile a piedi) e portarci su una remota spiaggia. Gruppi di delfini saltellano giocosi come bambini.

 

 

La spiaggia di Shu’ab è un incanto, sembra un angolo dei Caraibi più belli.  Isolata, candida, solitaria. Qualche barca transita: sono gli abitanti dell’ isolotto vicino che tornano dal mercato “cittadino”.

Si ritorna in città, ma le sorprese continuano.

A pochi chilometri da Qalansiyah, c’è una laguna spettacolare. Detwah  è un’area protetta, una delle spiagge più belle mai viste.

 

 

Incontro un gruppo di dolcissime bambine con cui scambio qualche parola in inglese (hallo! What’s your name?). Loro sono le uniche donne dell’isola che si possono fotografare. Non sarà finita l’adolescenza quando queste splendide creature dovranno nascondere i loro sorrisi dietro al velo e sarà proibito fotografarle. 

 

 

E poi appare lui, il Crocodile Dundee del Medio Oriente, il Tarzan del mare. Esce da una grande grotta incastonata in quel promontorio, con vista su uno dei più bei golfi mai visti. Un fisico asciutto, con muscoli nervosi in eterno movimento, gli immensi occhi profondi come il mare, che è il suo regno,  ed un sorriso a trentadue denti, bianchi come la sabbia di Socotra. Abdullah saltella a piedi nudi tra le rocce appuntite e si muove come un folletto. Lui, che ha carisma da vendere, dice, in un inglese stantio: “mi nutro solo di ciò che madre natura mi regala. Seguitemi, seguitemi”. E noi, in silenzio, lo seguiamo, arrancando tra le rocce che scendono verso il mare. Lui svolazza, come una farfalla, lieve, e, se non fosse perché c’è solo lui in mezzo a quella bassa marea, un puntino che sguazza a destra e manca, saremo persi.

Lo raggiungiamo, lentamente, sprofondando nella rena morbida che a breve sarà acqua (l’alta marea sta per arrivare) e lo sentiamo gridare: venite, venite!

 

Il saltimbanco solleva un trofeo, una preda. Una magnifica tartaruga. E si mette in posa, come un vero attore, per la foto di rito, l’abbassa, si toglie la maglia quasi come se volesse ripararla dal troppo sole.  Poi la rialza e la saluta, come un’amica, prima di lasciarla scivolare veloce verso la libertà.

 

 

 

 

 

 

 


Poi riparte, trotterellando, con l’occhio visto che scruta il fondale. Eccolo, il polpo che si attorciglia sul braccio, con i tentacoli che si muovono veloci. Ma non come lui. Il folletto mostra la preda poi la lascia partire, nel suo habitat.

 

 

La caccia continua: si avvicina la sera e lui, cinquantotto anni e sedici figli, deve provvedere al sostentamento della famiglia. Ed eccola la razza! “La carne è buonissima “.

 

Ci invita nella grotta (che usa solo di giorno) e ci fa una veloce degustazione di pesce locale. Un granchio, le ostriche ed una grande conchiglia polposa che viene cotta  per pochi minuti sul fuoco. Una delizia che profuma di mare: il palato ringrazia.

 

 

 

 

 

Abdullah è sempre sorridente, gli piace sentir dire che è un “one man show”, leggo l’orgoglio nei suoi occhi e la semplice voglia di essere unico ed al centro dell’attenzione. Semplice e genuino, nella sua unicità. Non importa se sia un vero Tarzan o un ottimo attore, per me è semplicemente Abdullah, un’altra nota positiva di quest’isola straordinaria. 

È ora di tornare verso la capitale. Lungo la strada si incontrano alcuni nomadi con i loro cammelli.

 

 

 

 

 

 


Siamo arrivati a pochi chilometri dall’aeroporto e c’è fermento, auto e camion fermi sulla strada e gente in mezzo ad un campo: un gran vociare. Mi verrebbe da esclamare:”ci sono poliziotti armati! Sarà mica la rivoluzione!”. Ma la guida legge il mio sguardo e risponde: “gli Emirati Arabi reclutano giovani militari e poiché qui non c’è lavoro, molti sono contenti di andare nel continente”.

 

 

 

Sto per lasciare questo posto che mi ha ammaliata per una settimana, mostrandomi ogni giorno bellezze naturali diverse. Un’incredibile microcosmo che racchiude tutte le gioie naturali dell’universo.

Mi piace pensare al Milione di Marco Polo, a quella leggenda che dice che il popolo di Socotra aveva poteri magici, orientando i venti come voleva, affondando le imbarcazioni non gradite. In realtà non è proprio una leggenda, perché i terribili monsoni violenti sono naturalissimi per buona parte dell’anno.

Spiagge caraibiche si alternano ad altopiani dagli alberi unici, deserti di dune sinuose, laghetti color smeraldo, canyon scolpiti….si, tutto questo è realtà, in un’unica isola.

Ma poiché non esiste la famiglia perfetta, anche questo angolo di paradiso ha un futuro in discesa.

Si vocifera, i soliti pettegoli sparlano….da una parte c’è chi dice che i sauditi (pare i veri padroni di quello Yemen dilaniato da guerre civili) vogliano usarla come base militare, vista la posizione strategica. E poi ci sono gli Emirati Arabi che offrono settimane di addestramento militare nel loro paese a giovani (a questo proposito anche un centinaio di donne di Socotra sono state portate ed addestrate ad Abu Dhabi) per creare una futura forza di polizia. Altri parlano soprattutto di speculazioni edilizie, che porteranno chilometri di cemento per creare le strutture in grado di accogliere quel turismo mordi e fuggi che arriva solo per dire io ci sono stato e rilascia quelle maledette recensioni del tipo”la pasta alla bolognese era troppo scotta!”.  Insomma Socotra pare non possa fare eccezioni al tragico destino che lega i paesi poveri del mondo, quei paesi, come lo Yemen, sospesi tra la ricchezza naturale e storica e la povertà sociale. Il rischio di diventare una nuova Dubai con Resort di lusso o una Disneyland mi fa orrore.

Spero solo che il clima scorbutico di questa terra (mi hanno confermato che per metà dell’anno l’isola è impraticabile per il vento estremamente violento dei monsoni), riesca ad ostacolare quella speculazione che crea disastri. L’Eden deve rimanere tale, lo snaturamento della terra non deve avvenire. Oggi Socotra è ancora quella narrazione di Moravia che mi ha fatto sognare, e spero di tornare e rivedere l’isola in questa sua bellezza naturale, senza lifting, con le rughe da donna vissuta e le fossette profonde di chi ha riso troppo nella sua vita.
Per finire, posso davvero aggiungere, oltre a “vuoi vedere uno dei posti più strani al mondo?” “Vuoi vedere uno dei posti più belli al mondo?”. Corri a Socotra perché per me Socotra, (usando una frase del grande W. Churchill) è un indovinello avvolto in un mistero all’interno di un enigma.

Vi lascio, come sempre, con scatti di persone


 

 



 

e qualche ritratto


 

 

6 risposte

    1. Grazie 1000, Paola: sono davvero contenta che ti sia piaciuto. È un posto davvero unico e straordinario

    1. Grazie a voi. Socotra è veramente un luogo incredibile, soprattutto per chi ama la natura incontaminata. Un abbraccio e ancora grazie

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