Nepal

L’auto cerca di farsi spazio tra motorini, risciò, persone di ogni età e ogni luogo, che si muovono in entrambe le direzioni, negli stretti vicoli di Thamel. Le porte dell’auto sfiorano banchetti di pesci essiccati, e cassette di plastica con rappresentazioni sacre, e collane con i grani per recitare i mantra, impolverate da una coltre di smog che rende l’aria irrespirabile.

 

 

 

 

E migliaia di fili elettrici che penzolano in bella vista.

 

 

Nessuna distrazione è permessa al tassista, e ad ogni metro io sussulto, perché è impossibile non schiacciare il cane che ha appena trovato spazio nell’unico buco libero o il gruppetto di monaci che (forse per grazia ricevuta) è riuscito ad infilarsi nella ressa, quasi come se si fosse avverato il miracolo dell’apertura delle acque. Lui, l’autista, guarda dritto, e poi a destra e poi a sinistra e si sofferma velocemente sul cruscotto dell’auto dove è incollata una statua di Shiva in plastica, e la guarda come per dire « ti prego, proteggimi da questa isterica che sussulta continuamente ad ogni mia accelerazione ».

 

Il cuore di Kathmandu è caotico, disordinato, nervoso. Tra le buche di questa città rumorosa e sporca, cerco disperatamente una nota positiva. Mi hanno parlato di Kathmandu come un luogo di grande impatto emotivo, un luogo dove ti senti parte del tutt’uno che ti circonda. Nel tratto a piedi vicino al quartiere storico, anima pulsante di quella forte spiritualità del popolo nepalese, vedo solo gente che ti ferma per chiederti dei soldi, bancarelle con orrendi talismani made in China, negozi con copie di articoli sportivi e venditori di dentiere.

 

 

 

 

Sbalordita, perché pensavo ad un’immersione nella spiritualità, mi ritrovo ad iniziare la mia lotta psicologica tra il sacro ed il profano. E non ho il tempo di reagire, quando mi trovo davanti la mia guida, che mi saluta appendendomi al collo una sciarpa giallina, sintetica e sfilacciata, con un sorriso ed un « Namaste, Welcome, benvenuta ».

Durban Square è il cuore pulsante di Kathmandu, la capitale che si trova a oltre 1300 metri di altitudine. Il centro storico è descritto come un’opera d’arte. È vero, dovrebbe essere un museo a cielo aperto, ma, francamente,  io ho trovato molto più interessanti le piazze centrali di Patan e Bhaktapur. Forse anche perché il terremoto del 2015 ha distrutto molti templi: i lavori di restauro e ricostruzione sono ancora in corso.

in mezzo ai templi si incrociano anche le mucche

 

 

 

Le strade affollate sono piene di colori. I risciò aspettano i clienti, e poi si buttano nella mischia come una roulette russa.

 

 

 

 

Ci sono alcuni luoghi strani per un turista occidentale. Il Kumari  Bahal è uno di questi. La Kumari è una bambina che viene scelta perché considerata la reincarnazione della dea della città. Per tutto il periodo, fino alla pubertà, vivrà in uno stato di semi isolamento. Potrà solo mostrarsi in pubblico una volta al giorno, attraverso una finestrella di legno intagliato, del palazzo in mattoni in centro città, alle 16:00 in punto, e per pochi attimi. La gente, radunata nel cortile del palazzo, attende di incrociare il suo sguardo, ma lei sarà glaciale, visibile per pochissimi istanti, prima di ritornare nella sua segregazione obbligata. È severamente proibito fotografare la Kumari, e bisognerebbe inchinarsi quando appare. La fanciulla tornerà ad una “vita normale” dopo l’arrivo del primo ciclo mestruale.

 

La Kumari apparirà dietro la finestra centrale in alto

Non potendo fotografare la Kumari, vi mostro una stampa

 

Uno dei luoghi più interessanti di Kathmandu è appena fuori città. Lo Swayambhunath (o Tempio delle scimmie) è un complesso religioso buddhista antico, che si trova su una collina e si raggiunge salendo una lunga scalinata di 365 gradini (ma c’è anche un’ entrata secondaria raggiungibile in macchina), circondati da giocose scimmie. Attenti perché sono molto furbe ed aspettano una vostra distrazione per rubare.

 

Una, decisamente sveglia, ha rubato, con una zampata, un gelato ad un ragazzo che lo stava scartando

 

 

Questo è un luogo di preghiere, con bandiere colorate, mantra e sadhu, che aspettano di essere fotografati, naturalmente solo ed esclusivamente in cambio di un’offerta. Il Sadhu è un rinunciante, colui che recide i legami famigliari ed i beni materiali, per inseguire una vita semplice, di santità. L’obiettivo è raggiungere il Moksha, la fine del ciclo delle reincarnazioni e la fusione con la coscienza cosmica. Astinenza sessuale, pratica di intense forme di yoga e meditazione, sono alcune delle buone regole di un sadhu. Molti sadhu cospargono il loro corpo con la cenere, che è il simbolo della morte e della rinascita, a somiglianza di Shiva, il Dio più comunemente associato alla cannabis. Per questo i Santoni, devoti ad un percorso di disciplina spirituale, ne fanno uso. I sadhu effettuano benedizioni per aiutare il prossimo, in cambio di un’offerta. Ne troverò molti, anche in altri luoghi di culto. Difficile capire se sono tutti dei veri sadhu, o persone normali che si “addobbano” per i turisti, semplicemente per raccattare denaro. 

 

 

Ma l’esperienza più toccante di tutto il viaggio sarà sicuramente Pashupatinath, un complesso religioso che si trova sulle sponde del fiume sacro Bagmati, situato nella periferia orientale della città; questo è uno dei templi induisti più importanti di tutto il subcontinente indiano. Il luogo è dedicato al culto di Shiva, forse la divinità più importante per i nepalesi.

Esattamente come sulle sponde del Gange a Varanasi, in India, qui i fedeli assistono alla cremazione dei propri cari, sulla riva del fiume. Un rituale pieno di pathos, decisamente coinvolgente. Siamo di fronte ad un funerale e quindi occorre rispettare il dolore della famiglia. Per questo è etico sedersi sulla scalinate di fronte ed osservare la sacralità del momento. Ma vi assicuro che l’intensità emotiva del luogo è travolgente. Ed è un vero momento di riflessione sulla vita e sulla morte.

 

 

 

 

Un ponte separa le caste: dall’altra parte, gli “eletti” avranno lo stesso trattamento (cremazione all’aperto), solo che le ceneri profumeranno di ghirlande di fiori colorati.

 


il  pubblico che assisterà alla cremazione sarà più folto, perché, si sa, “i ricchi hanno molti più amici, soprattutto quando passano a miglior vita”. Per benedizioni varie, ci saranno sadhu ovunque.

 

 

 

 

 

Il Boudhanath è sicuramente meno d’impatto emotivo, anche se è uno dei centri di culto più famoso di tutta l’Asia. Immenso, al centro di una piazza, circondato da negozi. La gente gira intorno allo stupa. L’atmosfera non è molto mistica, ma la struttura è immensa, quindi degna di una visita.

 

 


In questo piccolo paese incastonato tra due giganti come India e Cina, ovunque, le preghiere volano come il vento che sfiora l’anima. Profumo d’incenso nell’aria, intrisa di spiritualità.

Per me Patan e Bhaktapur sono decisamente più interessanti di Kathmandu. Forse perché c’erano meno turisti, meno sporcizia ed un’atmosfera più sacra. La Durban Square di Patan ha templi di grande impatto visivo.


 

 

 

 

Vi consiglio di entrare nel palazzo e salire ai piani alti. Attraverso le feritoie delle splendide strutture in legno, si ha un punto di osservazione meraviglioso sulla piazza ed i suoi gioielli, con templi medievali e piazze di notevole bellezza.

 

Perdersi tra le stradine del paese e scoprire meravigliosi cortili, che nascondono luoghi di culto ed una vita che scorre a ritmi lenti,

 

 

 

 

 


Bhaktapur è forse il centro storico meglio conservato. Ho amato le case dai mattoni rossi, e le sue piazze con statue ed altari con splendide colonne, dove la gente del luogo si ritrova a fare due chiacchiere, come da noi al bar.


 

 

 

 

 

Il piccolo Buddha di Bernardo Bertolucci è stato girato qui, in quest’atmosfera decisamente più magica e mistica, senza quella folla asfissiante di Kathmandu, perlomeno quando ci sono stata io, perché mi hanno detto che anche questa ridente cittadina è spesso presa d’assalto da un turismo eccessivo.

L’unico luogo pieno di persone è un tempio dove un folto gruppo di signore Indiane aspetta in fila silenziosa il proprio turno. Il rituale è sempre lo stesso.

 

Ho trovato piacevole camminare tra i vicoli acciottolati della città vecchia, tra negozi con meravigliose porte intarsiate in legno, artigiani di stoffe e gioielli,  coltellerie, e venditrici di oggetti per il culto.

 

 

 

 

E poi il vasellame, che viene prodotto sotto i nostri occhi e steso al sole ad asciugare.

 

 

 


Si incontrano tutte le arti, compresa la massaggiatrice di neonati, al lavoro in un angolo di una tranquilla strada, con un bambino tra le braccia, decisamente beato dalle carezze muscolari.

 

 

Dopo alcuni giorni sono contenta di lasciare il traffico isterico delle città e l’aria irrespirabile dallo smog.

In realtà la strada per Pokhara è un incubo: sei ore per percorrere poco più di 200 km. Le strade sono dissestate, ci sono lavori in corso. E poi i coloratissimi camion, che non hanno regole. Ma i peggiori sono gli autobus, incuranti re della strada, non si fermano davanti a nulla, viaggiando al centro di due corsie senza mezzadria.

 


Finalmente si arriva a Pokhara, dolcemente adagiata sulle sponde di un placido lago.

Senza dubbio questo è il paradiso dei veri trekkers, coloro che amano sfidare la loro forza fisica, arrampicandosi su ripidi pendii. Le escursioni vanno da un giorno a settimane di cammino. Purtroppo non amo le salite; a parte l’asma atavica, comunque detesto persino fare quei pochi gradini di casa. Non potrò quindi deliziarvi con immagini eclatanti dei monti nepalesi.

Anche perché, malgrado la levataccia con partenza alle 5:30 per vedere l’alba a Sarangkot, da dove si dovrebbe osservare la mastodontica catena dell’Annapurna, purtroppo il tempo è coperto. Una fitta nebbia avvolge le cime tempestose….o almeno credo siano lì, dietro quella immensa barriera fumosa.

Siamo in molti, raccolti su quel piccolo piazzale, raggiunto dopo una breve scarpinata, ad attendere il miracolo di sparizione delle nuvole. Questo è il raduno di tutti i turisti dell’area, un luogo che chiunque passi da Pokhara, viene a vedere, proprio perché è una delle opportunità più facili, nel senso che non richiede sforzi fisici, di vedere la catena dell’Annapurna. Partiremo tutti delusi, con gli occhi abbassati pieni di rassegnazione.

Non resta che puntare tutto sul lago. In effetti, già la vista dall’alto è piacevole.

 

 

 

 

Quando poi ci si avvicina, il piccolo mondo prende forma: le colorate barche sono pronte ad accogliere quei turisti che vogliono fare un giro sullo specchio d’acqua.

 

 

 

Oggi è giorno di festa a Pokhara: dopo il giro in battello, le bancarelle addobbano il lungolago.

Tra specialità culinarie, e musicisti e balli, un momento di sana allegria e spensieratezza, per un paese con un PIL tra i più bassi al mondo. A questo proposito i dati sono allarmanti : circa una persona ogni cinque ha un reddito inferiore a un euro al giorno. Oggi, oltre 30 milioni di nepalesi vivono in povertà. Una donna su due durante il corso della propria vita, ha subito una  qualche forma di sopruso, ed annualmente si registrano oltre 3000 crimini contro donne e bambini (stupri, rapimenti, aggressioni con acido, ecc.)

 

 

 

 

 

 

 

Lumbini è per un buddhista quello che La Mecca è per un mussulmano. Siddhartha Gautama, meglio noto come il Buddha, nacque qui, in questo paese lontano dal circuito classico, quasi al confine con l’India. Per questo, chi viene qui è spinto più da motivazioni religiose ed interiori che turistiche. La piccola cittadina in se’ non offre grandi attrattive, ma i dintorni sono oggi disseminati da templi, costruiti da molte comunità buddiste del mondo. Un vero luogo di pellegrinaggio,

 

 

 

 

Qui, all’interno di un enorme parco recintato, è possibile visionare molti monasteri e templi, costruiti dalle comunità buddhiste di diversi paesi. Tra questi lo splendido monastero thailandese, che ricorda il white temple di Chiang Rai,  quello tedesco e la Golden Pagoda  del Myanmar. 

 

 

 

 


E poi, naturalmente, ci mettiamo in coda per poter vedere il luogo di nascita di Buddha. Qui, all’interno, è strettamente proibito fotografare.

 

 

 

Per raggiungere Lumbini, tra l’altro, c’è una strada tortuosa ed accidentata, che si snoda tra villaggi collinari polverosi, anche se, in alcuni tratti, il paesaggio è panoramico.

 

Lasciata Lumbini, la strada attraversa una cittadina con case distrutte: sembra un luogo di guerra. In realtà mi viene detto che qui molte persone hanno costruito case senza permessi. Ora il governo, che intende allargare la strada, ha semplicemente imposto alle persone abusive, di lasciare l’abitazione, che verrà abbattuta. Si vedono ancora persone tranquillamente sedute su un balcone, di un appartamento sventrato.

 

 


Stiamo per arrivare in quello che per me è stato il luogo che più ho amato del mio viaggio in Nepal, il Parco Nazionale del Chitwan, patrimonio mondiale dell’Unesco dal 1984. “Chit” in nepalese significa cuore, e “wan” giungla. Adoro gli animali e la natura, quindi saranno tre giorni intensi, in questo parco, dalla flora e fauna straordinarie. Partendo dal villaggio di Sauraha, alle porte del parco, si possono fare escursioni giornaliere. Partiamo dalla passeggiata a piedi nella giungla.

 

 


L’occasione per respirare aria sana e curiosare tra le fronde degli alberi. Il rinoceronte indiano sguazza nell’acqua tranquillo. È un animale in via di estinzione ed ha la particolarità che sia i maschi che le femmine hanno un unico corno.

 

 

I cervi, con le loro corna maestose, sono impauriti: al primo, lieve rumore, sussultano e scattano in una cento metri da record del mondo.

E poi ci sono i bufali

 

 

Aldilà degli animali, è comunque splendido passeggiare in una vera giungla. Non preoccupatevi se siete a piedi, la vostra guida sarà una guardia armata.

Un’altra splendida gita è quella in battello, che risale il fiume. Sulle rive, enormi coccodrilli si crogiolano al sole, totalmente incuranti di quello che succede intorno.

 

 

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Il secondo giorno si può fare un giro del parco in jeep, alla ricerca dei predatori, leopardi, cani selvatici e  tigri, purtroppo sempre più difficili da avvistare, così come gli orsi labiati ed i mangiatori di carogne quali iene striate,

 

Più facile, verso l’entrata del parco, incontrare gli elefanti che aiutano l’uomo nelle attività giornaliere.

 

 

Chitwan è un paradiso per gli appassionati di birdwatching, in quanto si contano oltre 600 specie di uccelli. Il centro offre anche Safari a dorso di elefanti: ho esitato a lungo, cercando invano una risposta tra chi dice che gli animali sono trattati bene e chi suggerisce di non far continuare questa attività. Alla fine ho deciso di non rischiare.

 

 

Nel tardo pomeriggio, nella via principale del paese, vedo sfilare gli elefanti che rientrano dalla giornata lavorativa.

 

 

Si riprende la strada del ritorno verso la capitale.

Ultima cena, a base dei meravigliosi “momo”, prima di partire per una nuova avventura. A proposito di cibo :

I momo sono specie di ravioli 🥟 ripieni di verdure, patate o carne. Li trovate cotti a vapore o fritti, accompagnati da una salsa speziata. Meravigliosi, una vera e propria delizia. Sono diventati la mia colazione giornaliera.

 

 

Il piatto nazionale nepalese più conosciuto è Dal Bhat Tarkari: un vassoio pieno di prelibatezze. Zuppa di lenticchie (Dal), riso al vapore (Bhat) , verdure al curry,  patate stufate, frittella croccante fatta con farina di lenticchie, sottaceti, yogurt e profumato chapati: un’immersione totale nella cultura locale.


 

Un altra specialità è il Chatamari, un misto tra una pizza ed una frittata. Può essere farcita con uova, patate, piselli, formaggio

Il Nepal ha una varietà incredibile di etnie e caste , con  credenze ed usanze diverse, ma che convivono in ottima armonia. La divisione in caste, come in India, limita la libertà individuale, perché la vita è drasticamente ancorata alla condizione sociale di nascita. Ecco che viene fuori un tasso di alfabetizzazione del 60%, che scende parecchio quando si parla di donne. Molte persone poi vivono in zone rurali, dove è difficile spostarsi per seguire la scuola.
Lascio questo paese con quel sentimento doppio di amore ed odio, a volte contemporaneamente.

 

 

Chiudo con una carrellata di personaggi


 

 

 


 

 

 

 

 


 

 

 

 

Una risposta

  1. Bellissimi racconti carichi di umanità. Ogni pensiero è profondamente coinvolgente , non distaccato ma carico delle sofferenze e delle gioie dei luoghi che descrivi . grazie di renderci partecipi Paolo e Claudia

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